Quando il genio crede in Dio

di Claudio Damioli

Stando a quel che dice il Papa, possono e devono coabitare: fede e ragione non si escludono a vicenda, 1'una aiuta 1'altra a conoscere la verità su Dio e sull'uomo. Il succo della recente Lettera Enciclica di Giovanni Paolo II, Fides et ratio, può essere sintetizzato in questa semplice, profonda consapevolezza. Non tutti, ovviamente, concordano con il pensiero del Santo Padre. Non manca chi lo contesta, sostenendo che dove trionfa la ragione deve sloggiare la fede. Ma è la storia, sono i fatti innanzitutto a dar ragione al Papa. E questi fatti, bisogna conoscerli. Chi crede in Dio può star tranquillo. Da sempre, ininterrottamente fino ai nostri giorni, i più grandi "cervelli" dell'umanità dimoravano nel cranio di uomini di fede. Molti di coloro che sono universalmente riconosciuti come geni, credevano in Dio e pregavano il Creatore. Non risulta che abbiano mai riscontrato dissidi insuperabili tra la fede che professavano e la ragione che utilizzavano alla massima potenza. E tutto questo sia detto con buona pace degli scettici, pronti a sentenziare "aut fides aut ratio", o fede o ragione, certi che per far posto alla fede bisogna mettere a riposo la ragione. Tranquilli, cattolici: la storia, i fatti, 1'esperienza, come vedremo, sono di tutt'altro parere. Troppo facile parlare dei filosofi. I più grandi credevano in Dio. Platone e Aristotele, due geni del pensiero, erano certi della sua esistenza, senza avere mai letto un solo rigo delle Sacre Scritture. Credenti, e santi, i sommi Agostino, Anselmo d'Aosta, Alberto Magno e Tommaso. Santo è anche Bonaventura. Pascal e Vico erano cattolici. E avevano fede pensatori del calibro di Cartesio e Leibniz, di Rosmini e Kierkegaard, di Bergson e Solovev, di Gilson e Del Noce. E anche Kant credeva in Dio (ma quanti errori in questo filosofo). Dalla filosofia alla scienza, il discorso non cambia. Anche in questo campo, il pensiero del Papa trova innumerevoli conferme nei fatti. Ed è un fatto innegabile che i più grandi scienziati di tutti i tempi erano, o sono impregnati di profonda religiosità. Gli esempi abbondano. Copernico era un religiosissimo canonico; Newton passava dagli studi sulla gravitazione universale alle pratiche di religione e di carità; saltava pasti e dormiva pochissimo, ma non tralasciava mai di pregare. Galileo Galilei era cattolico convinto, al punto di lasciar scritto che "in tutte le opere mie, non sarà chi trovar possa pur minima ombra di cosa che declini dalla pietà e dalla riverenza di Santa Chiesa". Keplero era credente; Boscovich, che era astronomo, fisico, matematico, architetto, storico e poeta, un vero genio universale, era anche gesuita. Credeva in Dio Ampere, e cosi Pasteur, il fondatore della microbiologia e della immunologia, che era una vera, autentica anima religiosa; Mendel, lo scopritore delle leggi che regolano l'ereditarietà dei caratteri, era frate agostiniano e sacerdote. I modernissimi Plank, Einstein e Bohr credevano in Dio. Il Nobel Rubbia, scienziato di prim'ordine e credente in Dio, ha dichiarato: "Noi [i Fisici] arriviamo a Dio, percorrendo la strada della ragione, altri seguono la strada dell'irrazionale". Non dimentichiamo, infine, un altro illustre italiano, Antonino Zichichi, uomo di fede e scienziato a tutto tondo. E questi sono soltanto una piccola parte Prendiamo dunque atto che 1'idea che scienza e fede siano tra loro incompatibili, come per anni ci hanno insegnato a scuola, è totalmente falsa. Non dunque "aut fides aut ratio", ma "fides et ratio", come insegna il Papa nella sua ultima Enciclica. Ne era convinto anche il tedesco Max Plank (1858-1947), uno dei padri universalmente riconosciuti della fisica del nostro secolo, premio Nobel, che scriveva nel 1938: "Per quanto si voglia guardare, non troviamo da nessuna parte, tra religione e scienza, una contraddizione, ma precisamente, nei punti più decisivi, perfetta concordanza. La religione e le scienze naturali non si escludono a vicenda, come molti oggi credono o temono, ma si completano e si connettono reciprocamente". Gli fa eco, ai nostri giorni, un altro fisico di spessore internazionale, 1'italiano Antonino Zichichi, direttore del Centro di cultura scientifica Ettore Majorana, di Erice, in Sicilia: "L'antitesi scienza-fede e la più grande mistificazione di tutti i tempi. La scienza studia l'immanente, le cose che si toccano. Come ha già detto Galilei, 1'immanente non entrerà mai in conflitto con il trascendente che appartiene alla fede. Mondo materiale e mondo spirituale hanno la stessa origine dal Creatore". Lo scrittore Vittorio Messori, dichiara nel suo Qualche ragione per credere (Mondadori,1997): "Bisogna stare attenti a non cascare nel trappolone che vorrebbe convincerci di un divorzio irreparabile e unanime tra scienza e fede, non appena si entra nell'epoca moderna. Prendi, ad esempio, uno dei simboli e dei fattori pii potenti della "modernità": l'energia elettrica. Alessandro Volta era un uomo da messa e da rosario quotidiani; Andre-Marie Ampere scrisse addirittura delle Prove storiche della divinità del Cristianesimo; Michael Faraday alternava straordinarie invenzioni a predicazioni del vangelo sulle strade inglesi; Luigi Galvani era devoto terziario francescano; Galileo Ferraris un austero, esemplare cattolico praticante; Leon Foucault, il primo che calcolò la velocità della luce, un convertito.. Come vedi, mi sono limitato al campo "elettrico", ma potrei tediarti dandoti liste analoghe per ogni altra disciplina scientifica" . Certo, non tutti gli scienziati soprannominati erano, o sono cattolici. Ma tutti erano e sono convinti dell'esistenza di Dio, ed e quanto basta per dimostrare concretamente, contro chi lo nega, che Fides et ratio, fede e ragione possono convivere benissimo. A meno di voler ammettere una assurdità: e cioè che i summenzionati luminari, quando si occupavano di Dio, pensionavano la ragione. Dai geni della scienza a quelli della letteratura e della poesia, la storia non cambia. Il sommo Dante in testa a tutti, e poi Petrarca, ma anche Shakespeare, Milton, Dostojevski, Manzoni, il Nobel Grazia Deledda ("cattolica a tutte lettere", la definisce il gesuita Sommavilla) per arrivare a Claudel e poi Lewis, Bernanos, il Nobel Mauriac, Julien Green, Tolkien, Peguy, Chesterton, Elliot. Stessa musica nel campo dell'arte. Giotto, il Beato Angelico (era un frate), Michelangelo, Raffaello, Tiziano, Bramante, Rembrandt, per citare solo alcuni tra i talenti più noti, non si spiegherebbero senza la fede. Tutto il loro genio è emerso in dipinti e sculture a sfondo religioso. Fede e ragione convivono, insegna la storia. A chi lo nega, vien bene suggerire quel che diceva Gustave Thibon, il francese autodidatta, un genio della umana saggezza: "Chi riputa di essere l'immagine di Dio, sarà in eterno la sua scimmia".