Un testo contro lo strapotere inglese
Gilbert K. Chesterton e il suo sogno di libertà

di Paolo Gulisano

La storia della modernità è costellata da imperi centralisti e assolutisti che hanno cercato di imporre al mondo in propri modelli. Uno dei più spietatamente efficaci di tale regime è stato l’Impero Britannico, che ha schiacciato sotto il proprio tallone dapprima i popoli celtici delle isole britanniche (Galles, Scozia e Irlanda) per poi dedicarsi a regnare sugli oceani e nelle terre più lontane purché commercialmente appetibili. Nel momento di massimo splendore dell’Impero, all’inizio del ’900, un grande giornalista è scrittore, Gilbert Keith Chesterton, lanciò la sua sfida attraverso un romanzo che potremmo definire "utopistico" o di fantapolitica, in cui le piccole autonomie sfidano il colosso statale: si tratta de Il Napoleone di Notting Hill, recentemente ripubblicato dall’editrice Piemme. Chesterton è popolarmente noto soprattutto per i romanzi di Padre Brown, ma in realtà diede luogo ad una vastissima produzione narrativa e saggistica, tentando anche un impegno politico molto particolare e coraggioso, sfidando la tenaglia rappresentata dai partiti conservatore e laburista, fondando la Lega Distributista: un movimento che si proponeva un ritorno alle forma di civiltà e ai principi economici basilari della società popolare medievale, che trovavano la loro estrinsecazioni nelle gilde e nei terreni comuni, oltre che in un rigoglioso localismo, e cioè un ritorno del popolo ad una vita autonoma, alla diretta amministrazione dei propri interessi, i quali invece negli stati moderni sono affidati al controllo di apparati statali o delle oligarchie economiche. Il motto coniato da Chesterton fu: "La libertà attraverso la distribuzione della proprietà". Diversi anni prima di fondare la sua Lega, Chesterton illustrò le caratteristiche degli scenari economici e politici del futuro, e i termini della sfida da lanciare, in questo romanzo del 1904, che alla lettura odierna risulta di incredibile attualità: si immagina che i potenti che reggono le sorti della Gran Bretagna abbiano deciso di concedere una sorta di federalismo moderato e formalistico, fondato sulle apparenze, sulla pompa esteriore sorvegliata dalla "Società per la tutela delle Antichità di Londra", guidato dal Consiglio dei Sindaci che collabora fedelmente col sovrano. Un giorno il sindaco di Notting Hill, oggi un quartiere di Londra, decide di prendere sul serio le concessioni formali, e rivendica la piena autonomia e sovranità sul proprio territorio, sulla piccola patria minacciata dagli interessi economici londinesi. Adam Wayne, questo è il suo nome, è un’idealista pulito, dal cuore semplice e generoso, che cerca il bene dei suoi compatrioti, e sfida l’arroganza del governo centrale: "Credete che io non abbia il diritto di combattere per Notting Hill, voi Governo inglese che avete così spesso fatto la guerra per delle inezie? (...) In nome di cosa dovrebbe lottare un uomo se non per il giardino che fu l’eden della propria infanzia e dove conobbe le delizie, troppo caduche, del primo amore? Se non v’è tempio né scrittura che siano sacri, che c’è di sacro, se la giovinezza dell’uomo non è sacra?" Notting Hill combatte, sfida l’autorità centrale in nome del suo diritto ad esistere, in nome dei sogni e dei desideri dei suoi abitanti, interpretati dall’eroico, indomabile Adam Wayne. Infine Notting Hill cade, ma Chesterton, nel commovente finale, ci ammonisce che ne valeva la pena, che vale sempre la pena combattere, contro ogni tirannia, soprattutto quelle dal volto umano, rassicurante, razionale, che vogliono spegnere nel cuore dell’uomo quello che vi è di più sacro