Sorpresa e gusto
intervista a Davide Rondoni a cura di Laura Cioni
Che cosa significa per te occuparti degli scrittori?
Rovescerei la cosa in questo modo: sono gli scrittori che si occupano di me. Voglio dire che la mia vita aumenta di coscienza e di autentica drammaticità - e possibilmente di allegria - attraverso le parole, i colpi di genio, i racconti e le poesie di altri uomini. Quindi c’è anzitutto la sorpresa e il gusto di trovare qualcosa di inaspettato sulla mia vita, c’è lo sbigottimento e la commozione di vedere come il mio amore, il mio morire, il mio respiro vengono illuminati, cambiati, rimessi in discussione e in moto dalle parole e dalla esperienza di un uomo magari lontanissimo.
Io non ho motivi né accademici né strettamente giornalistici per occuparmi degli altri poeti o degli scrittori. Non lo faccio, insomma, per mestiere e per necessità. Ciò mi rende, da un lato, più libero di scegliere autori che veramente mi interessano, d’altro lato, paradossalmente, mi obbliga di più a cavare da queste letture e da questi confronti qualcosa che veramente valga per me e qualcosa di importante per il maggior numero di persone possibile. Il che non è semplice. Faticoso e coinvolgente. Questi sono saggi, come si dice, militanti, cioè appassionati.Non ti viene mai il dubbio di occuparti di cose esoteriche, lontane dalla vita di tutti?
No. Sono cose magari “tenute” lontane. E molti hanno colpa per questa lontananza. Ma la poesia e la letteratura quando sono autentiche dicono qualcosa di vicino all’esperienza di tutti. Innanzitutto dicono che il mondo “accade”, che la vita avviene, e nessuno dei nostri presentimenti o pregiudizi la può precomprendere. Dicono il Mistero sempre creante. La poesia serve proprio a richiamare l’uomo vicino, dentro alla sua esperienza. Sono altre le cose che ci tengono lontani da noi: la pigrizia, lo spontaneismo, la meccanicità del male, la ripetitività della comunicazione senza vero interesse.
So bene che un uomo che fa il commercialista o l’operaio o il venditore d’automobili non ha molto tempo per leggere, e così una donna madre di tre bambini o lavoratrice. Non m’aspetto che questi siano esperti letterati o che sappiano tutto sulle diverse edizioni dei Promessi Sposi. Ma che sappiano arrestarsi, sappiano diventare tutto orecchie, tutto cuore e mente aperta, di fronte a una parola, a un accento che dice il vero dell’esistenza, l’accadere della vita che non fai tu; ecco, che possano ancora avere questa apertura lo vorrei. Perché significa che si tratta di uomini ancora liberi, ancora dotati di energia per aderire all’esistenza e al suo mistero infinito. Che si tratta di uomini non definiti, non chiusi nella loro già nota circostanza. Gli uomini chiusi, o “vuoti” diceva Eliot, “impagliati”, gli uomini scettici, sono coloro che tengono lontana l’arte, o la gustano come un sorbetto.
In realtà, non c’è bisogno di essere colti per vedere che un’opera d’arte dice qualcosa di vero per te, di nuovo e movimentante.Quando leggi e quando scrivi, quali sono i sentimenti che più frequentemente provi?
Non saprei risponderti. È una specie di caos, di vulcano, di grande mare. Non so se c’è qualcosa che si può propriamente chiamare sentimento. C’è un movimento di tutta la persona, senso, ritmo e intelligenza, del dolore e della gioia uniti. La lettura di qualcosa di veramente importante (può essere Rimbaud o uno dei tantissimi giovani che mi danno i loro testi) è un evento che tocca la mia persona dalle radici alle cime più sperdute dell’immaginazione e dei pensieri. Così anche quando la voce che abita la realtà in me specialmente preme per trovare disponibilità a esser detta, anche allora è un caos che non ti dico, ma anche una pace, come in una obbedienza, finalmente.