LA CRESIMA

La cresima ha posto grossi problemi alla teologia. Oltre a quelli riguardanti il ministro e il segno sacramentale, il problema più acuto è stato e rimane quello dell’effetto specifico di questo sacramento.

 

La difficoltà deriva soprattutto dal fatto che nei primi secoli i riti che in seguito costituiranno il sacramento della cresima o confermazioni erano inclusi nell’unico atto di iniziazione cristiana, nel quale venivano praticate sia l’immersione nell’acqua, sia l’unzione col crisma e l'imposizione delle mani come sigillo dello Spirito Santo.

 

Spetta allo studio della liturgia seguire l’evoluzione dei riti e le loro peculiarità (cf. Neunheuser, 59-176; Falsini, 10-18; MS 10, 360-368).

 

In Occidente, a partire dal sec. V, la celebrazione della cresima comincia a distaccarsi da quella del battesimo. La ragione della separazione sta nel fatto che alcuni gesti del rito d’iniziazione, cioè l’unzione col crisma e l’imposizione delle mani, rimangono riservate al vescovo. La moltiplicazione delle parrocchie rurali, la necessità di amministrare il battesimo ai malati e ai bambini (la mortalità infantile era elevata!) portarono alla pratica del battesimo senza  il vescovo e a riservare a quest’ultimo i riti post-battesimali a cui, nella dottrina dei Padri, era particolarmente congiunto il dono dello Spirito. Nella lettera di Innocenzo I a Decenzio, vescovo di Gubbio (a. 416), si afferma che solo ai vescovi è lecito “consegnare” i bambini o di trasmettere lo Spirito Paraclito, secondo la consuetudine ecclesiastica e la dottrina degli Atti degli Apostoli (DS 215) 

 

In Oriente (come pure inizialmente nella Spagna e nella Gallia) si risolve il problema dando ai sacerdoti la facoltà di completare i riti battesimali, sia pure con il crisma consacrato dal vescovo, mentre in Occidente si fa sempre più strada l’uso di separare la cresima (confirmatio) del battesimo, uso che diventa generale nel sec. XI.

 

La teologia scolastica elaborò la dottrina della confermazione, studiandone la natura, la forma, il carattere specifico (cf. Neunheuser, 233-239).

 

I Riformatori si rifiutarono di vedere nella cresima un sacramento istituito da Cristo e la considerano o come un’usanza della Chiesa o cerimonia sacramentale o addirittura una oziosa cerimonia (Melanchton).

 

Il Concilio di Trento definì: “Se qualcuno dice che la confermazione dei battezzati è un’oziosa cerimonia e non piuttosto un cero e proprio sacramento; o che una volta non fu altro che una certa catechesi nella quale i giovani esponevano la ragione della loro fede di fronte alla Chiesa, A. S.” (DS 1628).

 

Il problema della specificità della cresima è stato risollevato nella chiesa anglicana, soprattutto a partire dal 1936, in una controversia che vide come principali protagonisti G. Dix, L. S. Thornton e G. Lampe (cf. Pancheri, 17-18; più diffusamente Leeming, 254ss.).

 

Secondo il Dix, il battesimo opera soltanto la remissione dei peccati, mentre la cresima coferisce il dono dello Spirito Santo; il Lampe invece nega il valore sacramentale della cresima, riducendola a una cerimonia ecclesiastica di aggregazione visibile del cristiano al servizio della Chiesa; il Thornton infine parla di una duplice  infusione dello Spirito Santo (al battesimo e alla cresima), rispondente alla duplice missione dello Spirito in Cristo (nell’incarnazione e al battesimo nel Giordano).

 

La controversia ebbe il suo riflesso anche in campo cattolico, dove si formarono due correnti principali: “la prima considera la Confermazione quale sacramento del dono dello Spirito in vista di una testimonianza cristiana, ponendo in tal modo l’accento sulla distinzione tra Battesimo e Cresima. La seconda insiste particolarmente sull’unità tra il Battesimo e la Confermazione e vede in questa piuttosto il significato di complemento della iniziazione cristiana” (Pancheri, 18-19).

 

IL SACRAMENTO  DELLA TESTIMONIANZA  (similitudo)

 

Le controversie a cui abbiamo ora accennato riflettono la difficoltà che si è incontrata nel precisare l’effetto specifico della cresima, la sua “grazia sacramentale”.

 

E’ certo che nei primi secoli quei riti dell’iniziazione cristiana, che poi saranno separati per costituire il sacramento autonomo della confermazione, hanno un chiaro riferimento al dono dello Spirito. Già Tertulliano scriveva: “Usciti dalla vasca battesimale, noi veniamo unti con l’unzione benedetta, secondo l’antica disciplina... Poi ci vengono imposte le mani, chiamando e invitando lo Spirito Santo con una benedizione” (De Bapt., 7).

 

E’ evidente che i Padri, non considerando un sacramento della cresima distinto dal battesimo, non si pongono il problema di un dono dello Spirito particolare riservato al rito dell’unzione o imposizione delle mani o di un battesimo d’acqua che non sia accompagnato dal dono dello Spirito. Non vanno quindi sopravvalutati quei testi che sembrano confermare una tale ipotesi, come quello di Paciano di Barcellona: “Mediante il bagno di acqua sono cancellati i peccati, mediante l’unzione col crisma scende dall’alto lo Spirito Santo” (De Bpt. 6; cf. Isidoro Etym. 6, 19, 51).

 

Il dono dello Spirito veniva piuttosto evocato dai gesti rituali, l’unzione e l’imposizione delle mani.

 

In Oriente, l’uso di ungere con l’olio profumato (myron) il battezzato è visto come una partecipazione all’unzione di Cristo mediante lo Spirito avvenuta al momento del suo battesimo al Giordano: “Quando hai ricevuto la grazia mediante il battesimo e ti sei rivestito di una tunica bianca risplendente, il pontefice si fa avanti, ti segna sulla fronte e dice: Un tale è segnato nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo. Poiché Gesù riemergendo dall’acqua ricevette la grazia dello Spirito Santo che, in forma di colomba, venne a dimorare su di lui, si è detto per questo anche di lui che fu unto di Spirito Santo; e come a quanti sono unti dagli uomini con una unzione di olio, questa aderisce e non scompare più, bisogna che anche tu sia segnato sulla fronte, così che tu pure mostri con tale segno che lo Spirito Santo è venuto su di te e che ne fosti unto e che l’hai ricevuto per grazia e che ti appartiene e che dimora in te” (Teogoro di Mopsuestia, Hom. Cat. 14, 27).

 

In Occidente invece, dove esiste l’uso dell’imposizione delle mani da parte di Pietro e Giovanni sui samaritani battezzati da Filippo: “E quindi coloro che avevano ricevuto il battesimo legittimo dalla Chiesa non avevamo bisogno di essere di nuovo battezzati. Pietro e Giovanni supplirono solo ciò che loro mancava, pregando per essi e imponendo loro le mani perchè fosse invocato e infuso su di essi lo Spirito Santo. Ciò che avviene ora anche presso di noi, che cioè coloro che sono battezzati nella Chiesa sono presentati ai capi della Chiesa e per mezzo della nostra preghiera e l’imposizione delle mani ricevono lo Spirito Santo e sono perfezionati col sigillo del Signore (segnacolo dominico consummentur)” (Cipriano, Ep. 73, 9).

 

Per quanto riguarda soprattutto l’unzione o il sigillo dello Spirito, troviamo nei Padri anche qualche riferimento al loro peculiare effetto. Così nelle Catechesi Mistagogiche di Gerusalemme: “Vi fu fatta quindi un’unzione sul peto, affinché, rivestiti della corazza della giustizia, possiate fermamente resistere al demonio. Infatti come Cristo dopo il suo battesimo e la discesa dello Spirito Santo vinse l’avversario, così anche voi, dopo il santo battesimo e la mistica unzione, rivestita dall'armatura dello Spirito Santo, vi opponete alla potenza del nemico e lo sconfiggete” (3, 4). E ancora: “Quando tu avrai ricevuto questa grazia, allora il Signore ti darà la forza di lottare contro le potenze nemiche. Come lui, dopo il suo battesimo, fu tentato durante quaranta giorni... così tu, prima del battesimo, non osavi lottare contro l’avversario, ma dopo aver ricevuto questa grazia e confidando ormai nelle armi della giustizia, ora lotti e se vuoi predichi il Vangelo. Gesù cristo era il Figlio di Dio e tuttavia non predicò il Vangelo prima del suo battesimo. Se lo stesso Maestro seguiva l’ordine delle circostanze, noi servitori dobbiamo osare di agire contro questo ordine? Gesù ha cominciato a predicare quando lo Spirito Santo è disceso su di lui in forma corporale come una colomba” ((Cat. Myst. 3, 13-14).

Si trova pure nei Padri l’idea della partecipazione ai sette doni dello Spirito (cf. Ambrogio, De myst. 42) o della capacità di essere il buon profumo di Cristo (cf. Cat. Myst. 3, 4).

Come si vede, non è possibile trovare nelle testimonianze, sia pure preziose, dei Padri una precisa teologia della confermazione. Sarà la scolastica, ancora una volta, a precisare le varie questioni.

 

Pietro Lombardo, riguardo all’effetto della confermazione, dice che “è il dono dello Spirito Santo per essere fortificati (ad robur)  (Sent. IV, d. 7, 3) e riporta la parola del Rabano: “Con l’ispirazione delle mani viene dato dal sommo sacerdote il Praclito al battezzato, perchè sia fortificato (roboretur) per mezzo dello Spirito Santo per predicare agli altri ciò che lui stesso ha ricevuto nel battesimo” (De inst. cler. 1, 30).

 

S. Bonaventura considera il carattere della cresima come una configurazione a Cristo “patienti et pugnanti" (In IV Sent., D. 24, 8, 2). S. Tommaso afferma che “il confermato riceve la potestà di professare pubblicamente la fede di Cristo con le parole, come per ufficio (quasi ex officio)” (Sum. Theol. III, q. 72, a. 5).

 

Sono questi i principali motivi che si trovano nella tradizione teologica sul valore specifico della cresima: è un perfezionamento, un completamento della grazia battesimale e conferisce un dono particolare dello Spirito che rende il cristiano più forte nella lotta spirituale e nella difesa e diffusione della fede.

 

Cosa possiamo dire oggi?

Si ammette comunemente che non è possibile fondare criticamente la cresima su testi biblici ben precisi (cf. MS 10, 355-360), tuttavia troviamo in Atti 8, 14-17; 19, 1-7 la testimonianza di una imposizione delle mani degli apostoli sui battezzati, a cui è annessa l’infusione dello Spirito Santo. Il minimo che si possa dire è che il N. T. conosce il conferimento di un dono dello Spirito Santo distinto da quello del battesimo.

 

Di quale dono si tratta? Non si può negare che gli Atti ci richiamano al dono dello Spirito nella Pentecoste, quel dono che gli apostoli dovevano attendere per ricevere “la forza (dynamin) dello Spirito” per essere “testimoni(martyres)in Gerusalemme, in tutta la Giudea e la Samaria e fino agli estremi confini della terra” (At 1, 8).

 

Vista l’insistenza dei Padri e visto l’orientamento di certi esegeti contemporanei che tendono a vedere un legame tra la vita di Gesù e la vita della Chiesa nella sua attuazione sacramentale, non è da mettersi da parte il riferimento al battesimo di Cristo. Scrive il Falsini: “Se l’intera teologia, come raccomanda il Concilio, deve avere com prospettiva dominante la storia della salveza, quale è registrata nella Bibbia, ciò vale a maggior ragione per la teologia dei sacramenti. I sacramenti infatti sono gli interventi di Dio nella vita della Chiesa, le azioni divine simili e in continuazione di quella compiute nella storia di Israele e di Cristo... Anche la costituzione apostolica (“Divinae consortium natura” di Paolo VI) unisce la cresima alla storia biblica: essa parte dalla presenza dello Spirito nell’opera messianica di Cristo (nel battesimo e il suo ministero apostolico) per sottolineare poi la promessa da lui fatta agli apostoli in vista di una testimonianza coraggiosa della fede, e il suo compimento nella Pentecoste, e infine la trasmissione dello Spirito da parte degli apostoli ad ogni battezzato, che oggi si ha nella cresima ad opera dei vescovi, successori degli apostoli... Gesù nel Giordano, ricevendo la Spirito, viene ufficialmente investito della missione profetica per testimoniare la buona novella: è quanto abbiamo riscontrato nelle citazioni della catechesi dei Padri, che pongono il dono dello Spirito nel battezzato in relazione con il battesimo di Cristo, l’ “unto” del Signore, Ciò che ha rappresentato per la missione di Gesù la discesa dello Spirito nel Giordano, lo rappresenta per la Chiesa la discesa dello Spirito a Pentecoste: il primo evento è annuncio del secondo... Quello che si è operato per la Chiesa nel giorno di pentecoste, conformandolo maggiormente al Signore Gesù, a “Cristo-unto di Spirito”, inserendolo attivamente nel corpo ecclesiale di Cristo e impegnandolo “più strettamente - come insegna il Vaticano II - a diffondere e difendere, con la parola e con l’opera, la fede, come vera testimonianza a Cristo”. Lo Spirito offerto in dono al battezzato lo riveste della responsabilità e missione ecclesiale” (54-57).

 

Una prospettiva di questo genere, risponde al pensiero dei Padri e al comune insegnamento della Chiesa, permette di uscire dalle strettoie di un’esegesi che, per essere eccessivamente critica, a volte si lascia sfuggire il significato che la parola di Dio ha per la vita e la dottrina della comunità ecclesiale.

 

Si può perciò accogliere la tradizione teologica che vede nel battesimo l’opera dello Spirito che rende il cristiano figlio di Dio come lo stesso Spirito fece nascere il Figlio nel seno della Vergine, e considera la cresima come la partecipazione del battezzato allo Spirito che anima Gesù nella sua attività profetica-messianica. Attività che mediante l’invio dello Spirito coinvolge tutta la chiesa: “Noi siamo stati redenti grazia alla morte e risurrezione di Cristo; eppure c’è voluto l’inizio dello Spirito Santo, affinché la redenzione ci potesse raggiungere nella parola della predicazione e nei sacramenti della chiesa. Ora, essendo stati noi raggiunti e divenuti partecipi della redazione per questa via, siamo noi pure coinvolti nella missione della chiesa e siamo equipaggiati per diffondere la redenzione per quella stessa via mediante la quale essa ci ha raggiunti. Questo equipaggiamento consiste nel dono dello Spirito” (V. TWOMEY, ICS 184).

 

Non si può certo considerare la cresima come sacramento esclusivo del dono dello Spirito, in quanto lo Spirito è operante in tutti i sacramenti. Se però teniamo presente il ruolo che lo Spirito svolge nella missione della Chiesa, soprattutto per la testimonianza che deve rendere a Cristo (cf. il Vangelo di Giovanni e gli atti degli Apostoli), si comprende coma la cresima possa essere particolarmente caratterizzata coma sacramento che dona lo Spirito.

 

L’importanza di questo sacramento dipende dal valore che la testimonianza dei cristiani assume nella storia della salvezza: ci troviamo di fronte al mistero della partecipazione della Chiesa all’opera di Cristo. E siccome il cristiano è testimone nella misura in cui è rinnovato e assimilato a Cristo e inserito nella Chiesa, si comprende come la cresima sia un sacramento che santifica, matura, dà  forza al cristiano per il compimento di una missione che, secondo le previsioni del Maestro, non si presenterà affatto facile e tranquilla.