In principio era il Primato
di Alessandro Nicotra
Non sono pochi, anche tra i cattolici, quelli che mettono in dubbio il
Primato della Chiesa romana, basato sul mandato che Cristo stesso affidò a
Simon Pietro: "E io ti dico: tu sei Pietro e su questa pietra edificherò
la mia chiesa" (Mt 16,18). Eppure, esistono documenti extrabiblici che
attestano e testimoniano come, sin dalla fine del primo secolo, nelle comunità
cristiane fosse viva la consapevolezza di una Chiesa strutturata
gerarchicamente, con al vertice il vescovo di Roma, ovvero il Papa. La prova sta
in una lettera di Papa Clemente I, scritta sul finire del primo secolo,
pervenutaci sia attraverso il Codice Biblico Alessandrino (V sec.), sia
attraverso il Codice Greco 54 (XI sec.), custodito a Gerusalemme. Ecco i fatti.
Nella comunità di Corinto alcuni fedeli avevano sollevato una sedizione contro
i capi della Chiesa locale e l'eco di tali disordini, sfociati nella ingiusta
rimozione di alcuni presbiteri, era arrivata sino alla Chiesa di Roma, che stava
subendo la persecuzione di Domiziano. La lettera di Clemente I si riferisce
proprio a questa persecuzione, da poco terminata quando il Papa mette mano allo
scritto, per giustificare il fatto di "aver troppo tardato a dirimere
alcune questioni che sono in discussione tra voi". Come potrebbe dirimere
alcunché - ci domandiamo chi non ha la necessaria autorità? E perchè mai
dovrebbe farlo il vescovo di Roma, se ha gia i suoi bravi problemi dovuti alle
continue persecuzioni? La Chiesa di Corinto, oltretutto, si trovava molto
lontana da Roma, ma evidentemente il Papa avverte il suo intervento come un
dovere. Dovere che, a nostro avviso, nasce dalla consapevolezza di sedere sulla
cattedra di Pietro e di possedere, per ciò stesso, una indiscussa autorità
sulla Chiesa universale.
Sta di fatto che il vescovo di Roma, sicuro di essere ascoltato, richiama
all'ordine i ribelli e li ammonisce, ricordando loro la responsabilità che
hanno di fronte a Cristo: "Ma se qualcuno non obbedisce a ciò che per
nostro tramite Egli [Cristo] dice, sappiamo che si vedrà implicato in una colpa
e in un pericolo non indifferente. Noi però saremo innocenti di questo
peccato". Il richiamo all'obbedienza da parte del Papa è significativo al
pari delle minacce spirituali riservate a chi disobbedisce. Siamo di fronte,
indubbiamente, ad un gesto di correzione fraterna da parte di chi deve
confermare i suoi fratelli nella fede, ma anche alla consapevolezza della
propria responsabilità sulla Chiesa intera. Da Eusebio di Cesarea (Historia
Ecclesiastica, IV, 23, 11) sappiamo che tale avvertimento pontificio venne
accolto, ascoltato e messo in pratica, con ciò confermando 1'autorità
normativa e disciplinare di chi aveva pronunciato tale monito. Che importanza ha
per noi questo documento? Enorme. Se da un lato ci dimostra che sin dalle
origini e persino in comunità fondate direttamente dagli apostoli (Corinto)
esistevano dissidenti e teste calde, d'altro lato questa epistola riveste il
valore di prova che alla Chiesa di Roma e al suo Vescovo veniva riconosciuto il
Primato sia giuridico che di governo rispetto alle altre chiese.