RU-486: La pillola che uccide

di Paolo Gulisano  (Il Timone)

Il Ministero della Sanità del governo italiano ha deliberato l'autorizzazione alla messa in commercio nelle farmacie italiane, a partire da fine ottobre 2000, di un farmaco, il Levonorgestrel, commercializzato con il nome di Norlevo, che in breve è divenuto popolarmente conosciuto come "la pillola del giorno dopo". E` la prima volta che in Italia viene messa in commercio una specialità di questo genere, senza nemmeno quella riflessione e l'ampio dibattito che in alcuni paesi, come gli Stati Uniti, ha per lungo tempo frenato la decisione di mettere sul mercato la famigerata RU 486, la più famosa di queste sostanze che provocano un aborto chimico precoce. Una nota diffusa dal Ministero della Sanità, evidentemente prevedendo le giuste proteste di chi vede ampliarsi con questo provvedimento le possibilità di distruggere delle nuove gravidanze, asserisce che il farmaco in questione "non svolge nessuna azione abortiva in quanto il meccanismo consiste nell'impedire rimpianto dell'ovulo fecondato o nel blocco dell'ovulazione".

Un'affermazione volutamente ambigua e ingannatrice, a cui non è possibile concedere alcuna attenuante: il Ministero non può non sapere che impedire l'impianto di un ovulo già fecondato significa soppressione di una vita già nata. Cosa significa l'ambigua definizione di "contraccezione d'emergenza"? Se la contraccezione, infatti, consiste nell'impedire la fecondazione, viceversa questo farmaco agisce a fecondazione avvenuta, come recita la stessa nota tecnica del foglietto illustrativo del farmaco: "la contraccezione di emergenza è un metodo di emergenza che ha lo scopo di prevenire la gravidanza in caso di rapporto sessuale non protetto". Tecnicamente si definisce questa azione "contragestiva", ossia atta ad annullare la gestazione (ovvero la gravidanza) impedendo l'impianto dell'essere concepito nell'utero della donna. E` un aborto precocissimo che sopprime l'embrione nei primi giorni del suo regolare sviluppo, prima che la madre possa accorgersi della sua presenza attraverso la mancanza del ciclo mestruale. Non c'è da parte di questo farmaco nessuna azione contraccettiva, non c'è alcuna componente ormonale estrogenica (il solito foglietto illustrativo definisce vagamente il farmaco come "una sostanza appartenente ad un gruppo di farmaci chiamati progestinici"). E` quindi un prodotto microabortivo, che si propone di "prevenire la gravidanza", come se questa fosse una malattia da evitare (per definizione il termine "prevenzione" si applica alle patologie), e non può non saperlo il ministro Veronesi, il quale, dopo aver in pochi mesi sostenuto le tesi dell'eutanasia, della manipolazione genetica, della clonazione, della liberalizzazione delle droghe, promuove ora un altro durissimo attacco contro la vita umana. Quale sarà il prossimo passo? Forse la soppressione eugenetica dei neonati portatori di handicap? I sostenitori di questa pratica "pietosa" non mancano certo. Cosa significa l'introduzione sul mercato della cosiddetta "pillola del giorno dopo"? La diffusione dell'aborto precoce attraverso ritrovati biochimici (non ci sentiamo di definirli farmaci), l'aborto chimico, non traumatico, invisibile e soft è la nuova strategia della mentalità antinatalista e antivita.

Un aborto "fai-da-te" che passa inosservato, che riduce i costi per i ricoveri, che elimina le complicazioni di tipo psicologico e morale. Il principale target commerciale della pillola abortiva appare chiaramente essere rappresentato dalle ragazze giovani, che non usano abitualmente e stabilmente un metodo contraccettivo (perchè non vogliono farsi scoprire dai genitori, per paura, ecc.) o che hanno dei rapporti occasionali definiti "non protetti": nessun problema, ora c'è la "contraccezione d'emergenza", il pronto intervento che può evitare "spiacevoli" conseguenze ad una serata di piacere. Di fatto si cerca di creare una deresponsabilizzazione dei giovani, all'insegna del fate ciò che vi pare, purché non ne abbiate conseguenze, anche se questo comporta una anestesizzazione delle coscienze. Si realizza, su un piano metafisico ed etico, un'operazione subdola e terrificante, tale da far pensare all'operato del "Principe della menzogna": il peccato di pensare che il peccato non esiste. Come spesso accade, dietro motivazioni "umanitarie" si nascondono interessi economici che precludono a scenari degni della peggiore fantascienza: ci si sta avviando da una concezione della Medicina come scienza che ricerca e fornisce risposte ai bisogni di salute dell'uomo, ad una Medicina utilitaristica, finalizzata non più, anzitutto, alla cura o alla prevenzione delle malattie, ma al servizio del narcisismo e dell'egoismo. L'aborto legalizzato e di massa rientra nella strategia mondialista di distruzione della coscienza cristiana: da oltre un cinquantennio, organismi dipendenti dall'ONU o finanziati dalle grandi multinazionali americane, si adoperano per diffondere nel mondo le pratiche e le politiche abortiste: è il caso del Population Council, fondato nel 1952 dal magnate John D. Rockfeller III, o della IPPF (Federazione Internazionale per la Pianificazione Famigliare) che ha sede a Londra e svolge un ruolo chiave nella strategia culturale che da anni spinge per giungere alla realizzazione della crescita-zero, o sotto-zero, sostenendo che è necessario ridurre la popolazione con tutti i mezzi, compresi sterilizzazione, aborto, eutanasia.

Occorre respingere, in quanto umanamente letale, il relativismo etico: i medici in primo luogo, memori del Giuramento di Ippocrate, devono urgentemente opporsi a questa deriva relativista e accanto a questa azione di tipo scientifico è necessaria una ripresa dell'iniziativa dei cattolici, sia nella società civile che nell'impegno politico, indipendentemente dallo schieramento partitico a cui appartengono. Sui temi della difesa della vita occorre una unità d'azione forte e concreta, tenendo presente che l'etica naturale e cristiana rifiuta il consequenzialismo (il fine giustifica i mezzi), e che la cultura e l'educazione sono i campi principali di applicazione delle sue ragioni.

 

Alcune note di fisiologia  

di Mauro Mascherpa

Nel 1975, nei laboratori della Roussel-Uclaf di Romainville, in Francia, vide la luce una serie di composti chimici, frutto di ricerche inizialmente volte ad identificare nuovi inibitori antagonisti degli ormoni steroidi.  Gli studi successivi evidenziarono la possibilità di ottenere delle molecole dotate di spiccati effetti antiprogestinici, sia in vitro che in vivo.  Grazie a tali scoperte si giunse al Mifepristone, noto anche come RU-486, che fu sperimentato per la prima volta nel 1981, a Ginevra, su di 11 donne gravide, ottenendo un effetto "contragestivo" in 9 di esse.

Ciclicamente, circa ogni mese, una cellula uovo, contenuta nelle ovaie femminili, giunge a maturazione l'interno di un "nido" particolare, chiamato follicolo ovarico.  In tale fase inizia la produzione di una molecola, chiamata progesterone (da pro-gestazione = "a favore della gravidanza").  Tale ormone è capace di scatenare, insieme agli estrogeni, anch'essi prodotti dalle cellule del follicolo in cui è contenuta la cellula uovo, il meccanismo dell'ovulazione.  Avvenuta questa, i resti del follicolo ovarico lacerato si organizzano a formare il corpo luteo, piccola ghiandola endocrina, che ha il compito di perpetuare la sintesi del progesterone, indispensabile per completare la preparazione dell'apparato genitale femminile alla eventuale gravidanza e permettere il regolare avvio della stessa.  Tale attività è facilmente evidenziabile dall'innalzamento della temperatura basale della donna nella seconda fase di ogni cielo mestruale.  La vita del corpo luteo è, comunque, assai breve; se non si verifica la fecondazione dell'ovulo ed il suo successivo impianto, esso degenera in 12-16 giorni.  La sua "morte biologica" condiziona una brusca caduta dei livelli ematici di progesterone e, quindi, della temperatura basale, che torna ai livelli preovulatori.  Poche ore dopo tale segno clinico si verificano le mestruazioni.

Se invece avviene la fecondazione, quei 12-16 giorni sono sufficienti all'embrione per raggiungere il corpo dell'utero ed annidarsi nella sua mucosa.  Qui inizia la produzione di un altro messaggero ormonale: la gonadotropina corionica (HCG).  Essa è in grado di mantenere in vita il corpo luteo per quasi 3 mesi.  Per quella data la placenta (che deve essere considerata un organo dell'embrione) è capace di supplire il corpo luteo nella sintesi di progesterone, permettendo l'esatto proseguio della gestazione.

L'RU-486

Il meccanismo d'azione del Mifepristone è estremamente semplice; esso si lega ai recettori del progesterone, impedendo la sua attività.  In pratica, assumendo il farmaco si vanifica la sintesi ormonale del corpo luteo e della placenta: come se non vi fosse produzione di progesterone da parte della donna prima e del feto poi.  In tale modo si va a danneggiare ogni processo biologico compreso temporalmente fra l'ovulazione e l'impianto e, se questo è già avvenuto al momento dell'assunzione, si impedisce il naturale svolgimento della gravidanza.

Attualmente I'RU-486 viene impiegata a gravidanza accertata, quindi come abortivo.  La sua azione diminuisce con l'età del prodotto del concepimento, risultando massima (pari circa al 95%) se utilizzata entro la 49a giornata di gestazione ed in associazione con altri farmaci che facilitano l'espulsione dell'embrione dall'utero materno.

Ma, nel giorno in cui si potrà monitorare con esattezza e facilità il preciso momento ovulatorio, un tale farmaco potrà essere utilizzato per inibire l'azione preovulatoria del progesterone, impedendo l'ovulazione stessa e conoscendo quindi un uso strettamente contraccettivo.  Se assunto nei giorni immediatamente successivi all'ovulazione ed alla fecondazione potrebbe avere attività intercettava, cioè d'intercettazione dell'embrione lungo il tragitto tubarico, rallentandolo ed impedendo così il trasporto e l'eventuale impianto.  In tale senso I'RU-486 potrebbe acquisire il ruolo di "pillola mensile", da assumersi a fine ciclo a scopo di sopprimere l'ipotetico (e non ancora identificabile) prodotto fecondato.

L'uso del Mifepristone (registrato in Francia con il nome commerciale di Mifegyne 2 ) è, per il momento, strettamente controllato.  Il suo utilizzo è solo ospedaliero ed il costo è paragonabile a quello di un aborto chirurgico,

La donna deve assumere il farmaco in presenza di un medico e solo dopo avere firmato un documento in cui dichiara di essere informata delle possibilità di insuccesso e della necessità, in tal caso, di sottoporsi a revisione chirurgica entro 8-12 giorni.  Questo per il rischio ipotetico di malformazioni letali.  Si ricorda che a tutt'oggi, in un modo o nell'altro, tutte le donne che hanno assunto I'RU-486 hanno poi, di fatto, abortito e quindi le potenzialità teratogene del farmaco sono solo ipotizzabili, ma mai concretamente documentate.

 

Considerazioni conclusive

L’OMS stima che annualmente 35-40 milioni di donne nel mondo affrontino il dramma dell'interruzione di gravidanza; di queste circa 200.000 muoiono per complicanze legate all'intervento. significativo che tale strage avvenga, per lo più, nel Terzo Mondo, prevalentemente per le pressoché inesistenti strutture sanitarie,

Alla luce di tali dati, I'RU-486 offre una alternativa al chirurgo, limitando i rischi connessi con l'atto abortivo, ridotto, allo stato attuale dell'arte, a pratica ambulatoriale ospedaliera, e, in un futuro prossimo, a gesto routinario casalingo.

Concettualmente siamo di fronte ad una pratica abortiva: poco importa se la soppressione dell’embrione avviene con un mezzo chimico piuttosto che per atto violento.  In essa vi è il subdolo tentativo di avvicinare l'aborto alla contraccezione o di ridurre il primo ad un gesto apparentemente innocente ed indolore, quale quello di deglutire un farmaco.  Per quanto oggi la procedura di assunzione della RtJ-486 sia molto macchinosa, è abbastanza ovvio che, ottenuta la registrazione della molecola e, nel tempo, migliorando le conoscenze, l'utilizzo del farmaco verrà semplificato.  Questo farà perdere agli occhi di molti, soprattutto dei giovani, la gravità dell'atto, banalizzando ulteriormente l'omicidio di milioni di embrioni.  L'enorme rischio è, ancora una volta, confondere ciò che piace (o fa comodo) con il bene: "Se si può fare......... Se la danno i medici......” Così facendo si affida "all'arbitrio dell'uomo la missione di generare la vita", misconoscendo i "limiti inviolabili alla possibilità di dominio nell'uomo sul proprio corpo e sulle sue funzioni" (Humanae Vitae, 2, 17), confondendo la nostra povera libertà con la capacità di stabilire ciò che è bene e ciò che è male.

"La cultura dominante considera la qualità della vita come valore puro ed assoluto e la interpreta in termini di efficienza economica, di godibilità consumistica, di bellezza e vivibilità della vita fisica, separata dalle dimensioni relazionati, spirituali e religiose dell'esistenza" (Evangelizzazione e cultura della vita umana, 1, 1-6).

Nell'ottica di tale efficientismo vanno lette le giustificazioni strumentali (perché tali sono) addotte dagli abortisti "chimici". E’ demagogico nascondersi dietro alle morti bianche di migliaia di donne disperate ed abbandonate: è come chiamare misericordia il pugnale che finisce il moribondo ferito in battaglia, ponendo fine alle sue agonie. D'altronde è assai più facile e lucrosa tale condotta che non l'affrontare il problema d'educare e recuperare la gioventù, prevenendo le situazioni che possono condurre alla scelta abortiva.

Eppure ogni giorno, anche nella nostra realtà quotidiana, avvengono fatti e misfatti, apparentemente banali, capaci di creare lentamente indifferenza di fronte a tali tragedie.

Drammaticamente significativi sono i dati presentati a Genova recentemente dalla UICEMP (Unione Italiana Centri di Educazione Matrimoniale e Prematrimoniale) raccolti dal 1981 al 1988, presso i consultori di Genova, Milano e Torino, per un totale di 1862 richieste di intervento per contraccezione post-coitale, ciò di aborto chimico.  Il 67.2% delle donne (nullipare nel 96% dei casi) aveva meno di vent'anni, con una età media dì 19.5 anni.  Tali utenti avevano avuto il primo rapporto mediamente a 16 anni (il 23.4% entro i 15 anni).  Nel 20.6% dei casi non avevano fatto ricorso ad alcuna pratica contraccettiva e nel 26.3 % si erano servite del coito interrotto.

Tali cifre confermano quanto già noto da dati dell'AIED: la genitalità viene vissuta in modo istintuale, senza la necessaria responsabilità e consapevolezza.  Prova ne sono sia la precocità cronologica dei rapporti, sia la colpevole improvvisazione degli stessi, che si rispecchia spesso nelle scelte, o meglio non-scelte, nei riguardi della propria fecondità.  Alla luce di queste realtà evidente lo spazio di creato che potranno occupare farmaci quali la RU-486.

E per questo che l’impegno in prima persona è sempre più necessario.  Dobbiamo cessare di stupirci per il modo in cui il mondo si confronta con la ricerca scientifica: viviamo in una umanità senza fede e senza rispetto, sia di sé che della vita.  Non possiamo sperare che qualche cavaliere difenda quei valori in cui diciamo di credere.  Solo se noi, insieme, nella quotidianità li difenderemo, riusciremo a mantenerli vivi.  E’ sempre più indispensabile "creare un ambiente favorevole alla educazione alla castità, cioè al trionfo della sana libertà sulla licenza, mediante il rispetto dell’ordine morale" (Humanae vitae, 3,22).

Un'ultima precisazione: non criminalizziamo il Mifepristone. E’ solo un farmaco ad azione antiprogestinica.  Come tutte le cose, questa molecola in sé non è né bene né male.  Il bene o il male nascono dal modo in cui noi decideremo di servircene.  Questa scelta ci coinvolge tutti: l'ultima parola spetta alla nostra coscienza.  

  Questo articolo è stato pubblicato sulla Rivista  CULTURA OGGI, anno VIII - n.3, Luglio-Settembre 1990