Studente ed educatore

Il giovane Filippo si incamminò, squattrinato, verso Roma, dove trovò alloggio e lavoro presso il fiorentino Galeotto Caccia. Doveva prendersi cura dei suoi due figli, Michele e Ippolito, facendo loro da precettore. Questo lavoro non fu inutile e i due giovani accoglieranno con frutto gli insegnamenti spirituali del loro maestro: diverranno il primo sacerdote diocesano in una parrocchia vicino Firenze e l’altro monaco certosino con il nuovo nome di don Andrea.

Lo con lo stipendio che Filippo riceveva non correva certo il rischio di arricchirsi. Esso consisteva infatti in un semplice sacco di grano che diventava poi, grazie ad un accordo con il fornaio, un piccolo pane quotidiano che il santo condiva con un po’ di olive e tanto digiuno.

La stanza in cui viveva era piccolissima e aveva come unico mobilio, un letto, un tavolino e una corda appesa al muro che fungeva da armadio.

Non aveva molti beni il nostro Filippo ma possedeva la sua amata libertà. Nel tempo a disposizione poteva infatti frequentare gli studi di filosofia nella vicina Università della Sapienza e di teologia al Sant’Agostino. Si mostrò studente di grande intelletto e di sottile ingegno, amato dai compagni per la sua umiltà. Ma più che gli studi in quegli anni lo attrasse la vita solitaria e contemplativa. Si recava nelle chiese poco frequentate, dove poteva in silenzio rivolgere il proprio cuore al suo Signore.

 

 

Un Cuore di Fuoco

La sua mèta preferita erano i cunicoli di san Sebastiano, uno degli invisibili quartieri sotterranei che i cristiani di Roma avevano costruito al tempo delle persecuzioni. Queste catacombe erano tra le poche conosciute nel Cinquecento, e solo nella loro parte iniziale. Qui, in una notte del 1544, avverrà un fatto che segnerà la vita del Santo e anche la storia della mistica cristiana. Mentre era immerso in preghiera, invocando lo Spirito Santo di concedergli i suoi doni, un globo di fuoco penetrò nel petto di Filippo. Il cuore si dilatò in modo tale da rompere, come constateranno i medici alla sua morte, due costole del lato sinistro, senza che egli ne sentisse mai dolore per oltre cinquant’anni.

Questo fuoco divino continuò a infiammare ogni giorno il suo cuore anche fisicamente, tanto che era costretto, anche durante il freddo inverno, ad aprire le finestre della sua camera per cercare un po’ di refrigerio. Quando poteva apriva la parte superiore della sua veste e per lo stesso motivo ottenne dal Papa la dispensa dall’indossare la cotta durante le confessioni.

A volte, come testimonieranno al processo, il suo cuore sembrava che vibrasse nel suo petto e questo movimento provocava un tremore come di terremoto in tutta la stanza.

Con questo cuore ardente San Filippo scalderà, riportandole alla vita, le anime fredde e intiepidite dell’intera Roma rinascimentale.