Spirito di verità, inviatoci da Gesù

per guidarci alla verità tutta intera,

apri la nostra mente all'intelligenza delle Scritture.

Tu che, scendendo su Maria di Nazaret,

l'hai resa terra buona dove il Verbo di Dio ha potuto germinare,

purifica i nostri cuori da tutto ciò che pone resistenza alla Parola.

Fa' che impariamo come lei

ad ascoltare con cuore buono e perfetto

la Parola che Dio ci rivolge nella vita e nella Scrittura,

per custodirla e produrre frutto con la nostra perseveranza.


Lettura: Matteo 9, 9-13

Andando via di là, Gesù vide un uomo, seduto al banco delle imposte, chiamato Matteo, e gli disse: «Seguimi». Ed egli si alzò e lo seguì. Mentre Gesù sedeva a mensa in casa, sopraggiunsero molti pubblicani e peccatori e si misero a tavola con lui e con i discepoli. Vedendo ciò, i farisei dicevano ai suoi discepoli: «Perché il vostro maestro mangia insieme ai pubblicani e ai peccatori?». Gesù li udì e disse: «Non sono i sani che hanno bisogno del medico, ma i malati. Andate dunque e imparate che cosa significhi: Misericordia io voglio e non sacrificio. Infatti non sono venuto a chiamare i giusti, ma i peccatori».

 

Alcune domande per aiutarci nella meditazione e nell'orazione.

a) Quanti gruppi sono presenti in questa scena e che cosa rappresentano?
b) In che tipo di relazione si pone Gesù con ognuno di questi gruppi?
c) Con quale gruppo ti identifichi di più?

d) Quale è il ruolo di Matteo nella scena?

e) Che sentimenti o reazioni suscitano in te le parole di Gesù ai farisei?

 

Pubblicani e peccatori I pubblicani riscuotevano le tasse per incarico dei Romani. Avevano una cattiva reputazione. Infatti erano considerati "impuri" perché il loro lavoro li metteva a contatto con i pagani e dovevano avere tra le mani monete con immagini e iscrizioni pagane. Inoltre erano spesso anche sfruttatori e ladri. Per i Giudei osservanti del tempo di Gesù "peccatori" erano innanzitutto i pagani, ma anche quei Giudei che non badavano alle sottigliezze della Legge come veniva interpretata dagli scribi. Pubblicani e peccatori erano tra le categorie più odiate dai farisei e dagli altri Giudei osservanti.

 

Sedere a mensa In qualsiasi cultura e certamente in quella medio orientale, sedere a mensa insieme è segno di comunione. Nel testo parallelo di Marco (2, 13-17) Gesù sta a mensa nella "sua" casa, ma il testo greco è ambiguo; non si sa se si tratta della casa di Gesù o del pubblicano chiamato a seguirlo. Nel testo parallelo di Luca (5, 27-32) è il pubblicano divenuto discepolo che prepara in casa sua un banchetto per Gesù al quale invita anche i suoi colleghi. Matteo dice semplicemente che "Gesù sedeva a mensa in casa", facendo intendere che si tratta della casa di Gesù, la casa dove dimorava da quando, lasciata Nazaret venne ad abitare a Cafarnao (Mt 4,13). Quindi, secondo Matteo, è Gesù stesso che ospita a casa sua i pubblicani e i peccatori, come per anticipare il banchetto messianico della salvezza offerto a tutti.

 

Farisei I farisei erano un gruppo religioso laicale sorto nel secondo secolo avanti Cristo. Erano molto legati all'osservanza esatta della Legge di Mosè, non solo quella scritta e contenuta nel Pentateuco (i primi cinque libri della Scrittura ebraica o Antico Testamento), ma anche quella orale che i loro successori, nei primi secoli del cristianesimo, avrebbero messo per iscritto. Secondo Giuseppe Flavio erano il gruppo più influente al tempo di Gesù e forse per questo molte delle controversie di Gesù nei vangeli sono proprio con loro. Queste controversie riflettono senz'altro il conflitto sorto dopo Gesù, al momento della messa per iscritto dei vangeli, tra la Chiesa nascente e il giudaismo da cui si era staccata. Nondimeno non si può negare che Gesù stesso si era scontrato con i farisei su vari punti di interpretazione della Legge e su certi suoi comportamenti che risultavano scandalosi per loro.


Misericordia io voglio e non sacrificio Nella sua risposta ai farisei che lo criticano, Gesù cita una frase presa dal profeta Osea: "Voglio l'amore e non il sacrificio, la conoscenza di Dio più degli olocausti" (6, 6). Nella scia di altri profeti (vedi ad esempio 1 Sam 15, 22; Am 5, 21-27; Is 1, 10-20; Ger 7, 1-15.21-28), Osea insiste sull'inutilità del culto esteriore se questo non è accompagnato dall'obbedienza all'alleanza. La parola "misericordia" o "amore" traduce l'ebraico hesed che indica l'amore-fedeltà nella relazione tra Dio e il popolo. La "conoscenza di Dio", che Osea mette in parallelismo con "misericordia", implica l'obbedienza alla volontà di Dio espressa nella sua Legge; è un conoscere per mettere in pratica. Gesù, insiste molto sulla trasparenza del nostro rapporto con Dio, che non può ridursi ad una osservanza puramente esteriore. Qui insinua che i farisei non devono accontentarsi dell'osservanza minuziosa della Legge. Ciò che Dio esige dai suoi fedeli è l'imitazione del suo amore misericordioso verso tutti.

 

Commento

Un uomo, solo, seduto al banco delle imposte. Uno sguardo che incrocia il suo, una parola sola: Seguimi. E Matteo è naufragato in quegli occhi; il contabile abbandona, per uno sguardo, per una parola, la logica rassicurante del dare e dell'avere, se ne va dietro a quell'uomo senza calcolare più nulla, senza neppure domandarsi dove sia diretto. Vorrei tanto conoscere le emozioni di Matteo, l'energia misteriosa di quelle parole, che cosa lo sedusse; ma Matteo non parla di sé, il centro della scena deve essere di Cristo: Segui Me.

È la persona di Cristo la causa, il senso, l'orizzonte ultimo. È Lui il nome della forza che fa partire. E se Matteo potesse rispondere, direbbe che si è convertito a Cristo, perché ha visto Cristo convertirsi a lui, fermarsi e girarsi dalla sua parte; Direbbe che no, non è stato un sacrificio; mi parlerebbe del piacere dell'essere discepolo, del piacere del credere. Si intuisce, leggendo di quella casa piena di festa, di volti, di amici e peccatori, chiamati ben prima di essere convertiti. Convertiti perché chiamati. Non voglio sacrifici! La religione non è sacrificio: guarisce la vita, la fa risplendere; non è la mortificazione che dà lode a Dio, ma la vita piena, forte, vibrante. Gesù mangia con me e mi assicura che il principio della salvezza non è nei miei digiuni per lui, bensì nel suo mangiare con me. Ci guarisce fermandosi con noi: la sua vicinanza è la medicina, il condividere vita, pane, festa, strada, sogni, comunione. Solo la comunione dà la felicità, così nel matrimonio, così nella fede. Voglio l'amore! Grido di Dio e dell'uomo. Non sono venuto a chiamare i giusti ma i peccatori. Qual è il merito dei peccatori? Nessuno. Sono coloro che non ce la fanno, che non sono all'altezza, ma scoprono un Dio più grande del loro cuore. Dio non si merita, si accoglie. Gesù ancora cerca il peccatore che è in me. Assolvere una lista di peccati, per quanto lunga e impressionante, non gli basta. Vuole impadronirsi della mia debolezza profonda. E lì incarnarsi. Beata debolezza! E io, felice d'essere debole, dimoro quietamente nella misericordia, verso un Regno pieno non di santi, ma di peccatori perdonati, di gente come noi. Quando sono debole è allora che sono forte. Nessun lassismo però. Ma oggi mi godo la festa del peccatore che ha scoperto un Dio più grande del suo cuore. Solo questo mi converte ancora.

 

Un raccontino

Siamo a scuola. L'insegnante deve uscire un momento e affida al capoclasse l'ingrato compito di controllare la classe e tenere buoni i compagni. Classico sistema: lavagna, riga in mezzo, "Buoni" da una parte e "Cattivi" dall'altra. Poi, pian piano, alcuni nomi di ragazzi vengono scritti da una parte e dall'altra. Rientra l'insegnante, prende il cancellino e cancella le due scritte in alto. Il capoclasse ci rimane male e si chiede perché il suo lavoro sia stato reso inutile. L'insegnante spiega che il suo compito di insegnante non è dividere la classe in buoni e cattivi per poter punire questi ultimi. Lui deve insegnare a tutti a vivere la scuola come momento di crescita, come occasione per imparare cose necessarie per trovare la gioia della vita. Spesso quelli che erano stati segnati nel settore dei cattivi, si sono dimostrati poi molto più bravi degli altri. San Matteo stesso può raccontare come la sua vita sia cambiata dal giorno in cui ha scoperto il vero tesoro: non i soldi che poteva guadagnare con la raccolta delle tasse, ma un insegnante speciale – il Maestro – che lo chiama a seguirlo per imparare da lui e vivere nella vera gioia. Come ha fatto allora con Matteo e i suoi amici, così Gesù continua con noi. Ci chiama amici, e ci vuole felici con lui, anche se qualcuno a volte ci considera "cattivi". E ci chiede anche di essere noi stessi capaci di superare i confini, le barriere che mettiamo tra chi ci è simpatico e chi non ci sembra tale. Ci ricorda che un po' di amicizia e di perdono fanno splendere in cielo un grande arcobaleno perché la luce che viene da Dio risplende meravigliosa nei nostri cuori.


Salmo 103

Benedici il Signore, anima mia, quanto è in me benedica il suo santo nome.
Benedici il Signore, anima mia, non dimenticare tanti suoi benefici.

Egli perdona tutte le tue colpe, guarisce tutte le tue malattie;

salva dalla fossa la tua vita, ti corona di grazia e di misericordia;

egli sazia di beni i tuoi giorni e tu rinnovi come aquila la tua giovinezza.

Il Signore agisce con giustizia e con diritto verso tutti gli oppressi.

Ha rivelato a Mosè le sue vie, ai figli di Israele le sue opere.

Buono e pietoso è il Signore, lento all'ira e grande nell'amore.

Egli non continua a contestare e non conserva per sempre il suo sdegno.
Non ci tratta secondo i nostri peccati, non ci ripaga secondo le nostre colpe.

Come il cielo è alto sulla terra, così è grande la sua misericordia su quanto lo temono;

come dista l'oriente dall'occidente, così allontana da noi le nostre colpe.


O Dio, ricco di misericordia, per il grande amore con il quale ci hai amati,

da morti che eravamo per i peccati ci hai fatti rivivere con Cristo.

Facendosi uomo, egli si è degnato di sedersi a tavola con noi poveri peccatori.

Con le parole e la vita ci ha rivelato il tuo amore misericordioso

che ci cerca con premura, si curva sulla nostra miseria,

fascia le nostre ferite, ci porta sulle spalle

e fa festa per il nostro ritorno.

Donaci, o Padre, il tuo Spirito,

perché apra il nostro cuore alla grazia del tuo perdono

e ci convinca del tuo amore misericordioso.

Donaci l'esperienza di essere salvati per grazia

per non ritenerci mai giusti e migliori degli altri,

ma impariamo a essere misericordiosi con tutti

come tu sei misericordioso con noi.

Te lo chiediamo per Cristo nostro Signore. Amen.