Cristo, con la tua passione accecasti il sole,
e con la luce della tua risurrezione schiaristi l’universo,
accogli il nostro inno, o Amico degli uomini.
La tua vivificante risurrezione, o Signore,
illuminò tutta la terra,
e richiamò a vita la tua creatura rovinata.
Perciò liberati, acclamiamo:

Onnipotente Signore, gloria a te!

Per redimere da morte la nostra stirpe,
o Cristo, sopportasti la morte, e risorto dai morti il terzo giorno,
risuscitasti con te quelli che ti riconobbero Dio,
illuminasti il mondo; Signore gloria a te!

Si allietino i cieli, esulti la terra,
poiché il Signore ha operato con la potenza del suo braccio;
con la sua morte schiacciò la morte;
divenne primogenito fra i morti;
ci liberò nel seno dell’Ade

e concesse al mondo la grande misericordia.

Lode alla Madre di Dio
Te, mediatrice di salvezza per la nostra stirpe,
noi inneggiamo, vergine Madre di Dio;
poiché in quella carne che aveva preso da te,

il Figlio tuo e Dio nostro, accettando di patire in Croce,
ci riscattò dalla perdizione nel suo amore per gli uomini.

(Preghiera Ortodossa)

 

Dal Vangelo di Matteo

In quello stesso giorno vennero a lui dei sadducei, i quali affermano che non c'è risurrezione, e lo interrogarono: «Maestro, Mosè ha detto: Se qualcuno muore senza figli, il fratello ne sposerà la vedova e così susciterà una discendenza al suo fratello. Ora, c'erano tra noi sette fratelli; il primo appena sposato morì e, non avendo discendenza, lasciò la moglie a suo fratello. Così anche il secondo, e il terzo, fino al settimo. Alla fine, dopo tutti, morì anche la donna. Alla risurrezione, di quale dei sette essa sarà moglie? Poiché tutti l'hanno avuta». E Gesù rispose loro: «Voi vi ingannate, non conoscendo né le Scritture né la potenza di Dio. Alla risurrezione infatti non si prende né moglie né marito, ma si è come angeli nel cielo. Quanto poi alla risurrezione dei morti, non avete letto quello che vi è stato detto da Dio: Io sono il Dio di Abramo e il Dio di Isacco e il Dio di Giacobbe? Ora, non è Dio dei morti, ma dei vivi». Udendo ciò, la folla era sbalordita per la sua dottrina.

 

Sant’Ambrogio (Sulla morte di suo fratello Satiro)

Perché Cristo sarebbe morto, se non avesse avuto un motivo per risorgere? Dio infatti non poteva morire, la sapienza non poteva morire. E poiché ciò che non era morto non poteva risuscitare, egli ha assunto una carne, capace - secondo la sua natura - di subire la morte. E allora veramente quello che era morto poté risorgere. La risurrezione dunque non poteva avvenire se non attraverso un uomo, perché se per un uomo venne la morte, per un uomo c’è anche la risurrezione dei morti (1Cor 15,21).

L’uomo è risuscitato perché è l’uomo che è morto. E’ risuscitato, ma chi lo fa risorgere è Dio. Prima era uomo secondo la carne, ora è Dio in tutto: adesso infatti non conosciamo più Cristo secondo la carne (cf. 2Cor 5,16), ma siamo in possesso della grazia della sua incarnazione, e lo riconosciamo come primizia di quelli che si sono addormentati (1Cor 15,20) e come primogenito dei morti (Col 1,18). Le primizie sono esattamente della stessa specie e della stessa natura dei frutti che verranno: sono i primi doni presentati a Dio in vista di un raccolto più abbondante, sono un’offerta sacra che contiene in sé tutto il resto, sono una sorta di sacrificio della natura rinnovata. Cristo è dunque «la primizia di quelli che si sono addormentati». Ma lo è soltanto di quelli che si sono addormentati in lui, di quelli cioè che, quasi esenti dalla morte, sono immersi in un sonno tranquillo, o anche di tutti i morti? La Scrittura ci risponde: Come tutti muoiono in Adamo, così tutti vivranno di nuovo in Cristo (1Cor 15,22). Mentre in Adamo sono le primizie della morte, le primizie della risurrezione sono in Cristo... Se noi non risorgiamo, Cristo è morto invano (Gal 2,21), e Cristo non è risuscitato (1Cor 15,13). E se non è risuscitato per noi, non è risorto affatto, dal momento che non aveva nessun motivo di risorgere per se stesso. In lui è risuscitato il mondo, in lui è risuscitato il cielo, in lui la terra è risuscitata: ci sarà infatti un cielo nuovo e una nuova terra (Ap 21,1). Ma per lui, per lui che non poteva essere trattenuto dai legami della morte, che bisogno c’era della risurrezione? E infatti, benché morto in quanto uomo, egli si è dimostrato libero perfino nell’inferno. Volete comprendere quanto fosse libero? Sono diventato come un uomo senza più soccorso, libero tra i morti (Sal 87,5-6: Vulg.). Tanto libero da poter risuscitare se stesso, come dice la Scrittura: Distruggete questo tempio, e in tre giorni lo ricostruirò (Gv 2,19). Tanto libero, che è disceso tra i morti per redimere gli altri. E’ divenuto uomo, non però in apparenza, ma secondo una forma reale: Egli è uomo, e chi lo conoscerà? (Ger 17,9: LXX). Infatti è divenuto simile agli uomini ed essendosi comportato come un uomo, si è umiliato ancora di più, facendosi obbediente fino alla morte (Fil 2,7-8), perché, grazie alla sua obbedienza, noi potessimo contemplare la sua gloria, gloria come di unigenito del Padre, come dice san Giovanni (Gv 1,14). La Scrittura ci presenta dunque questa costante testimonianza: in Cristo coesistono veramente la gloria dell’unigenito e una natura di uomo perfetto.

 

Dalle omelie di san Pietro Crisologo

Il giorno e la notte si alternano in modo che il riposo deriva dalla fatica e la fatica dal riposo. Il sole e la luna, l’uno dopo l’altro, girano attorno ai confini del mondo, perché il sole aumenti, con luce doppia, lo splendore del dì, e la luna, con luce quasi pari, non lasci completamente allo scuro il tempo notturno. Le stelle, nel loro corso, variano il loro sorgere, per stabilire i tempi alle notti, e per guidare i viandanti. I tempi vanno e vengono; cominciano e cessano. I semi nascono, crescono, si sviluppano, si rinforzano, cadono, invecchiano, muoiono e poi, sepolti nei solchi vitali, dissolti in putredine, dalla morte salvifica tornano in vita, dalla corruzione risorgono in una forma perenne. Tutto questo, o fratelli, lo opera la voce di Dio, la tromba di Cristo: giorno per giorno, mese per mese, stagione per stagione, anno per anno chiama e richiama, conduce e riconduce, comanda di essere e fa più non essere, dà la morte e restituisce la vita. Perché quello che egli fa sempre in tutte le cose, non potrebbe farlo una volta in noi? Solo in noi la divina potenza viene meno, mentre solo per noi la maestà di Dio opera tutto questo? O uomo, se per te tutte le cose rivivono dalla loro morte, perché tu non rivivrai dalla morte, per Dio? Solo in te una creatura di Dio va perduta, mentre per te tutta la creazione, ogni giorno, sussiste, è mossa, mutata e innovata? Fratelli, dico questo non perché sia mio desiderio diminuire l’importanza dei miracoli di Cristo, ma vi esorto che, dall’esempio di un giovane risorto (cf. Lc 7), noi tutti siamo eccitati alla fede nella risurrezione universale, e crediamo che la croce è l’aratro del nostro corpo; la fede ne è il seme; il sepolcro, il solco; la dissoluzione, il germe; il tempo, l’aspettativa; perché così quando arriderà la primavera della venuta del Signore, allora la matura vigoria dei nostri corpi risorga in messe vitale, che non conosce fine, che non conosce canizie, che non subirà né falci né battiture. Deposta con la morte, infatti, la pula di ciò che è vecchio, il corpo si erge glorioso quale nuovo frutto.

 

Ti adoriamo, o amabilissimo nostro redentore,

in questo giorno santissimo

in cui, con la tua gloriosa risurrezione,

sei stato di universale letizia a tutto il mondo.

Giubilarono i tuoi discepoli

all'udire dall'angelo la tua risurrezione,

giubilarono insieme le anime nostre

nel festoso anniversario della tua risurrezione;

Dio nostro perfettissimo,

che sei il vincitore della morte,

il padrone degli abissi,

il re della gloria.

Fà, o amorosissimo nostro Signore,

che, per la tua gloriosa risurrezione,

noi risorgiamo ancora dalle colpe

e passiamo dalla morte del peccato

alla vera e santa vita delle cristiane virtù.

Un angelo vestito di splendori

annunziò alle tre sante donne

il glorioso tuo trionfo riportato sulla morte,

e le riempì di celesti consolazioni.

Fà, o clementissimo nostro redentore risorto,

che gli angeli ci invitino sempre a glorificarti,

e ci riempiano di arcane dolcezze

in questa misera valle di lacrime.