Signore Gesù,

con gioia ci prostriamo in adorazione

presso il tuo santo altare.

Con te, o Gesù,

tutto è luce che rischiara la vita,

tutto aiuta a proseguire il cammino,

tutto è dolcezza... anche il dolore!

Tu sei fonte copiosa di purissima gioia.

Gioia che cominciamo a gustare qui,

nella valle del pianto,

e che sarà piena quando ci svelerai la tua gloria:

al gaudio della fede subentrerà quello della visione.

Signore Gesù,

tu, pane vivo disceso dal cielo, ci basti.

Non abbiamo bisogno di altri.

Tu sei la nostra vita.

Tu sei la nostra gioia.

Tu sei il nostro tutto.

Ci affidiamo a te:

nostro conforto, nostro gaudio, nostra pace.

(Paolo VI)

 

Dagli Atti degli Apostoli

Appena rimessi in libertà, andarono dai loro fratelli e riferirono quanto avevano detto i sommi sacerdoti e gli anziani. All'udire ciò, tutti insieme levarono la loro voce a Dio dicendo: «Signore, tu che hai creato il cielo, la terra, il mare e tutto ciò che è in essi, tu che per mezzo dello Spirito Santo dicesti per bocca del nostro padre, il tuo servo Davide: Perché si agitarono le genti e i popoli tramarono cose vane? Si sollevarono i re della terra e i principi si radunarono insieme, contro il Signore e contro il suo Cristo; davvero in questa città si radunarono insieme contro il tuo santo servo Gesù, che hai unto come Cristo, Erode e Ponzio Pilato con le genti e i popoli d'Israele, per compiere ciò che la tua mano e la tua volontà avevano preordinato che avvenisse. Ed ora, Signore, volgi lo sguardo alle loro minacce e concedi ai tuoi servi di annunziare con tutta franchezza la tua parola. Stendi la mano perché si compiano guarigioni, miracoli e prodigi nel nome del tuo santo servo Gesù». Quand'ebbero terminato la preghiera, il luogo in cui erano radunati tremò e tutti furono pieni di Spirito Santo e annunziavano la parola di Dio con franchezza.

 

Da uno scritto del Card. Carlo Maria Martini

Non ricordo il giorno preciso, ma so che era il mese di luglio del 1970. Avevo allora 43 anni. Stavo tenendo un corso sugli Atti degli Apostoli all'Università di San Francisco, in California. Più che mai, nel susseguirsi delle lezioni e nel contatto con gli studenti, mi urgeva dentro la domanda: ci sono, nella Chiesa del nostro tempo, comunità simili a quelle di cui parla questo libro? dove si trova oggi quella gioia, quell'entusiasmo della preghiera, quella forza della testimonianza il cui racconto, dopo due millenni, ancora ci affascina? dove esistono assemblee come quelle di cui parla san Paolo, nelle quali chi entra come estraneo si trova a un certo momento capito, svelato, coinvolto e sente sorgere spontanea l'acclamazione: «Veramente Dio è in mezzo a voi!» (cfr. 1 Cor 14,25)? Fu in una di quelle sere che avvicinai per la prima volta un gruppo di persone che si diceva nato da un'esperienza dello Spirito santo e che coltivava la coscienza di riprodurre, nella Chiesa di oggi, il volto delle primitive comunità. Non erano esperienze per me del tutto nuove, ma il momento privilegiato che stavo vivendo, col libro degli Atti che mi faceva compagnia per tutto il giorno, mi metteva nella condizione di scrutarle più attentamente e di paragonarle con tante esperienze analoghe dei decenni precedenti della mia vita. è così che toccai dentro di me quella vena sotterranea di interrogazione e di ricerca, sempre coltivata in seguito, che affiora oggi in questa Lettera pastorale: dove si trovano nel nostro tempo autentiche esperienze dello Spirito, simili a quelle dei primi cristiani? dove e come e quando esistono le condizioni perché un uomo o una donna, pur contagiati dal secolarismo, arrivino a esclamare: «Veramente Dio e in mezzo a voi!»? In altre parole: come lo Spirito santo, sempre all'opera nel mondo, risponde oggi alle sfide dell'immanentismo, dell'indifferenza religiosa, del consumismo, e vi risponde non con ragionamenti ma con fatti convincenti di Vangelo? Questa mia Lettera sulla vita secondo lo Spirito nelle persone e nella comunità ecclesiale nasce dunque da una convinzione profonda, maturatasi in me presto, ma verificata attraverso l'intero percorso della mia vita, che attraversa coi suoi 70 anni buona parte del cosiddetto "secolo breve", che è il nostro secolo, caratterizzato dalla rapidità e radicalità dei mutamenti intervenuti tra lo scoppio della prima guerra mondiale (1914) e il crollo del muro di Berlino (1989). È la convinzione che: lo Spirito c'è, anche oggi, come al tempo di Gesù e degli Apostoli: c'è e sta operando, arriva prima di noi, lavora più di noi e meglio di noi; a noi non tocca né seminarlo né svegliarlo, ma anzitutto riconoscerlo, accoglierlo, assecondarlo, fargli strada, andargli dietro. C'è e non si è mai perso d'animo rispetto al nostro tempo; al contrario sorride, danza, penetra, investe, avvolge, arriva anche là dove mai avremmo immaginato. Di fronte alla crisi nodale della nostra epoca che è la perdita del senso dell'invisibile e del Trascendente, la crisi del senso di Dio, lo Spirito sta giocando, nell'invisibilità e nella piccolezza, la sua partita vittoriosa.(.....)

 È lo Spirito che grida in noi: «Abba, Padre!» (Gal 4,6 e Rm 8,15), facendoci figli nel Figlio, riconciliati, nel suo amore crocefisso, con Dio e tra noi. È lo Spirito del battesimo e della confermazione, quello che fa il pane e il vino Corpo e Sangue di Cristo, quello che ci fa Chiesa. Lo Spirito fa si che ognuno che lo accoglie possa dire come Paolo: «Non sono più io che vivo, è Cristo che vive in me» (Gal 2,20). La Chiesa è il Corpo di Cristo perché è tempio dello Spirito, la comunità dell'alleanza eterna che è in persona il Signore Gesù reso vivo e vivificante nello Spirito.

Occorre riconoscere lo Spirito, che soffia dove vuole, dovunque egli soffi, senza rigidezze e sclerotizzazioni, senza pregiudizi e forzature, senza chiusure e indebite assolutizzazioni della propria appartenenza, anche dell'appartenenza al corpo visibile della Chiesa cattolica: «Dove c'è lo Spirito del Signore c'è libertà» (2 Cor 3,17). Come affermavo all'inizio, lo Spirito c'è, opera dappertutto, c'è e opera prima di noi , meglio di noi, più di noi. Una delle tentazioni più sottili e perfide del Maligno è quella di farci dimenticare la presenza dello Spirito, di farci cadere nella tristezza come se Dio ci avesse abbandonato in un mondo cattivo, contro il quale lottiamo ad armi impari, perché l'indifferenza, l'egoismo e la dimenticanza di Dio hanno a poco a poco il sopravvento. È questo un grave peccato "contro lo Spirito santo" (cfr. Mt 12,31s), che nega in pratica la sua forza e la sua capacità pervasiva, la sua penetrazione come vento e come soffio in tutti i meandri della storia. Al contrario, la fiducia nel Signore che «ha un popolo numeroso in questa città» (At 18,10) promuove un discernimento realistico sulle condizioni positive e negative della fede nel nostro mondo, senza indulgere né a vuoti ottimismi né a sterili pessimismi. Lo Spirito santo fa intravedere quella rete di relazioni di amore che lui sta formando nel mondo e che è riflesso di quella rete di relazioni di amore che è la Trinità santa.

 

Eucaristia e incomprensione

Non è facile mettere l’Eucaristia al centro! Non è facile accogliere il messaggio del sacramento dell’Eucaristia nella sua forza.

I testi del Nuovo Testamento alludono spesso all’incomprensione che essa incontra in coloro cui essa è destinata. Il primo documento neotestamentario sull’Eucaristia denuncia la maniera scorretta con cui essa veniva celebrata dai cristiani di Corinto. Luca racconta come durante l’Ultima Cena i discepoli discutessero chi fosse tra loro il più grande. Nel capitolo 6 di Giovanni si incontra l’incomprensione da parte degli ascoltatori di Gesù: "Questo linguaggio è duro, chi può intenderlo?". Nell’Eucaristia l’amore di Dio si manifesta nelle sue forme più pure e sconvolgenti ed incontra un uomo che è spaesato dinanzi a cose immensamente più grandi di lui. L’Eucaristia è la meta di un lungo cammino. Confessare umilmente le nostre lacune o anche semplicemente le nostre incertezze e difficoltà, è il primo passo da compiere per riscoprire l’inesauribile ricchezza di questo mistero. (Card. Carlo Maria Martini)


Grazie, Signore, perché conosci quanto poco valgo,
perché conosci le mie sconfitte e le conosci con amore.
Grazie perché conosci tutte le mie negligenze, i miei pregiudizi, le mie vigliaccherie, che quasi nessuno conosce.
Eppure tu mi resti vicino egualmente e mi vuoi migliorare.
Gesù, tu mi conosci e questo mi basta.
Sai che io sono così e mi vuoi bene così,

mi aiuti a camminare così, anche quando "zoppico".
Tu mi aiuti sempre, anche quando perdo il passo

e sono in ritardo rispetto agli altri.
Sono contento di sapere che tu mi vuoi bene così.

(Card. Carlo Maria Martini)