PER LA TUA CROCE

Per la tua croce, Cristo salvatore, è disciolto il potere della morte,
ed è annientata la seduzione del diavolo;
il genere umano poi, salvato con la fede, ogni giorno ti offre un inno.
Adoriamo la tua croce preziosa, o Cristo,
e inneggiamo e glorifichiamo la tua risurrezione;
poiché dalle tue piaghe noi tutti fummo guariti.
Inneggiamo il Salvatore incarnato dalla Vergine;
poiché per noi fu crocifisso,
e il terzo giorno risorse, per dare a noi la grande misericordia.

 

Dagli scritti di P. Raniero Cantalamessa

Ogni anno, il giorno del Venerdì Santo, noi cristiani riviviamo il momento in cui fu piantato al centro della Chiesa il vero obelisco, l’albero maestro della barca di Pietro che segna il centro di tutto: la croce. Meditiamo una parola di Cristo sulla sua croce. Giovanni 12,32: "Io, quando sarò elevato da terra, attirerò tutti a me". È una chiave di lettura del mistero dataci in anticipo da Gesù stesso, o –ciò che ha uguale valore per noi- dal suo Spirito che ha ispirato l’evangelista Giovanni nello scriverla. Ma non si è finito di pronunciare quella frase che affiora subito l’obbiezione. Sono passati venti secoli da quel giorno e non sembra, Signore, che tu abbia attirato tutti a te. Quanta parte dell’umanità non ti conosce ancora! Ma siamo sicuri di aver guardato bene? Quello di Gesù non è stato un pio desiderio che ancora aspetta di essere realizzato. Si è sempre realizzato, dal momento che fu elevato da terra. Chi può conoscere le infinite vie che Cristo crocifisso ha di attirare tutti a sé? Una via è la sofferenza umana. "Egli ha preso su di sé i nostri dolori" (Is 53,4). Dopo che Cristo l’ha preso su di sé e l’ha redento, il dolore è anch’esso, a modo suo, un universale sacramento di salvezza. Universale perché non conosce neppure la distinzione tra primo e terzo mondo, tra emisfero nord e emisfero sud; lo si trova a tutte le latitudini. Colui che si è calato nelle acque del Giordano santificandole per ogni battesimo, si è calato anche nelle acque della tribolazione e della morte, facendone potenziale strumento di salvezza. Prima lettera di Pietro 4, 1: "Chi ha sofferto nel suo corpo ha rotto definitivamente col peccato". "Soffrire –ha scritto il Santo Padre nella lettera apostolica "Salvifici doloris"- significa diventare particolarmente suscettibili, particolarmente aperti all’opera delle forze salvifiche di Dio, offerte all’umanità in Cristo…In questa sofferenza redentiva, Cristo si è aperto sin dall’inizio, e costantemente si apre, ad ogni umana sofferenza" . Misteriosamente, ogni sofferenza -non solo quella dei credenti-, compie "quello che manca alla passione di Cristo" (Col 1, 24).

Un altro mezzo che Cristo ha di attirare tutti a sé, è di attirare… verso gli altri. Verso chi è affamato, assetato, malato, carcerato, forestiero, perseguitato per la giustizia, indifeso... "L’avete fatto a me" (Mt 25, 40). E neanche questa via è limitata ai soli credenti. Il Concilio afferma che "lo Spirito Santo da a ogni uomo la possibilità di venire in contatto, nel modo che Dio conosce, con il mistero pasquale" . Come questo avviene, è noto solo a Dio, ma che avviene è noto anche a noi, se sappiamo leggere le parole di Cristo.

Durante la controversia giansenista andavano di moda i crocifissi dalle braccia strette, quasi parallele al corpo, che creavano tra loro uno spazio molto limitato. Era per affermare che Cristo non era morto per tutti, ma solo per il piccolo numero degli eletti e dei predestinati. Terribile persuasione che la Chiesa ha faticosamente rigettato. Non torniamo ai crocifissi dalle braccia strette. Conserviamogliele allargate, ad abbracciare tutto il mondo. Conserviamo all’evento del Calvario la sua dimensione cosmica. Quello che si celebrò sul Golgota il primo venerdì santo, e che celebriamo ogni anno in questo giorno, è davvero una "Messa sul mondo".

Una cosa è certa e da essa deve partire ogni teologia cristiana delle religioni: Cristo ha dato la sua vita per amore di tutti gli uomini, perché tutti sono creature del Padre suo e suoi fratelli. Non ha fatto distinzioni. La sua offerta di salvezza, essa almeno, è sicuro che è universale.

Il torto più grande, a sottrargli tanta parte dell’umanità, non lo si fa a Cristo o alla Chiesa, ma a quell’umanità stessa. Non è possibile partire dall’affermazione che "Cristo è la suprema, definitiva e normativa proposta di salvezza fatta da Dio al mondo", senza con ciò stesso riconoscere –come cristiani- un’esigenza, un diritto di tutti di appartenere, in qualche modo, a questa via e di beneficiare di questa salvezza.

"Ma è realistico –qualcuno si chiede - continuare a credere in una misteriosa presenza e influenza di Cristo in religioni che esistono da ben prima di lui e che non sentono alcun bisogno, dopo venti secoli, di accogliere il suo vangelo". C’è, nella Bibbia, un dato che può aiutarci a dare una risposta a questa obbiezione: l’umiltà di Dio, il nascondimento di Dio. "Tu sei un Dio nascosto, Dio d’Israele salvatore": Vere tu es Deus absconditus (Is 45,15,).

Dio è umile nel creare. Non mette la sua etichetta su tutto, come fanno gli uomini. Nelle creature non sta scritto che sono fatte da Dio. È lasciato ad esse di scoprirlo. C’è del vero nell’affermazione del poeta Hölderlin: "Dio crea il mondo, come l’oceano fa i continenti: ritirandosi". Quanto tempo ci è voluto perché l’uomo riconoscesse a chi doveva l’essere, chi aveva creato per lui il cielo e la terra? Quanto ce ne vorrà ancora prima che tutti arrivino a riconoscerlo? Cessa, per questo, Dio di essere lui il creatore di tutto? Cessa di riscaldare con il suo sole chi lo conosce e chi non lo conosce?

Avviene lo stesso nella redenzione. Dio è umile nel creare ed è umile nel salvare. Cristo è più preoccupato che tutti gli uomini siano salvi, che non che sappiano chi è il loro Salvatore. Latens deitas, divinità che si nasconde, è Cristo anche nell’Eucaristia . Lo stupore più grande, al momento di passare dalla fede alla visione, non sarà di scoprire l’onnipotenza di Dio, ma la sua umiltà. In questo giorno del massimo occultamento di sé di Dio sulla croce, "manteniamo, dunque, ferma la professione della nostra fede" (Eb 4, 14). Torniamo a proclamare con Giovanni: "Egli è vittima di espiazione per i nostri peccati; e non soltanto per i nostri, ma anche per quelli di tutto il mondo".

 

Dagli scritti di Chiara Lubich

«Io, quando sarò elevato da terra, attirerò tutti a me» (Gv 12, 32)

Questa parola di Gesù è stupenda. In essa è la chiave del cristianesimo.

Era vicina la Pasqua dei giudei e nella folla dei pellegrini giunti a Gerusalemme ci sono alcuni greci. Questi chiedono di «vedere Gesù». I discepoli glielo riferiscono. E Gesù risponde parlando della sua morte imminente. Aggiunge poi che essa, anziché provocare la dispersione dei discepoli - come sarebbe potuto accadere - attirerà «tutti» a Lui: non solo i Suoi dunque, ma chiunque, giudeo o greco, crederà in Lui: tutti gli uomini, senza discriminazione di razza, di condizione sociale, di sesso (cf. Gal 3, 28). L'opera di salvezza di Gesù è infatti universale e la presenza dei greci è un segno di questa universalità. Il loro desiderio poi di vedere Gesù indica che «è giunta l'ora» del suo «innalzamento».

«Io, quando sarò elevato da terra, attirerò tutti a me».

Che cosa vuol dire «sarò elevato da terra»? Questa espressione, per l'evangelista Giovanni, significa nello stesso tempo «essere innalzato in croce» ed «essere glorificato». Giovanni vede infatti nella passione e morte del Cristo la grande dimostrazione dell'amore di Dio per l'umanità. Ma quest'amore è così potente che merita la risurrezione e frutta l'attrazione di tutti a Lui. Attorno al Cristo innalzato si costruirà l'unità del nuovo popolo di Dio. La croce perciò non è più segno di maledizione e di morte. Gesù l'ha trasformata in strumento di vittoria sulla vera morte che è il peccato.

E non si può più separare la croce dalla gloria, non si può separare il Crocifisso dal Risorto. Sono due aspetti dello stesso mistero di Dio che è Amore. È questo Amore che attrae. Il Crocifisso-Risorto esercita nel cuore dell'uomo un'attrazione profonda e personale che avviene in due sensi: per essa Gesù chiama i Suoi a condividere la sua gloria; per essa li porta ad amare tutti come Lui, fino a dare la vita.

«Io, quando sarò elevato da terra, attirerò tutti a me». Come vivere noi questa Parola? Come rispondere a tanto amore? Cercheremo di accogliere in cuore e tradurre in pratica il prezioso insegnamento del Crocifisso-Risorto. Esso getterà luce anche sul ruolo del dolore che può sopravvenire nella nostra vita e sulla sua straordinaria fecondità.

Giorno dopo giorno, quando siamo colpiti da piccole o grandi sofferenze: un dubbio, un fallimento, un'incomprensione, un rapporto teso, una difficoltà sul lavoro, una malattia, anche una disgrazia o preoccupazioni serie, sforziamoci di accettarle e di offrirle a Gesù come espressione del nostro amore. Uniamo la nostra goccia al mare della sua passione perché frutti il bene di tanti, di chi ci è più caro, o della Chiesa: uniamola alla sua passione per la pace fra i popoli e, particolarmente per l'unità dei cristiani.

Una volta fatta l'offerta, cerchiamo di non pensarci più, ma di compiere quanto Dio vuole da noi, là dove siamo: in famiglia, in fabbrica, in ufficio, a scuola... soprattutto cerchiamo di amare gli altri, i prossimi che ci stanno attorno. Se così faremo, potremo sperimentare un effetto insolito e insperato: la nostra anima è pervasa di pace, di amore, anche di gioia pura, di luce. Potremo trovare in noi una forza nuova. Questo ci dirà come, abbracciando le croci di ogni giorno e unendoci per esse a Gesù crocifisso e abbandonato, possiamo partecipare già da quaggiù alla sua vita di Risorto. E, ricchi di questa esperienza, potremo aiutare più efficacemente tutti i fratelli nostri a trovar beatitudine fra le lacrime, a trasformare in serenità ciò che li travaglia. Diventeremo così strumenti di gioia per molti, di felicità, di quella felicità a cui ambisce ogni cuore umano.

 

 

Cristo, con la tua passione accecasti il sole,
e con la luce della tua risurrezione schiaristi l’universo:
accogli il nostro inno, o Amico degli uomini.
La tua vivificante risurrezione, o Signore,
illuminò tutta la terra, e richiamò a vita la tua creatura rovinata.
Perciò liberati, acclamiamo: Onnipotente Signore, gloria a te!

Per redimere da morte la nostra stirpe, o Cristo, sopportasti la morte,
e risorto dai morti il terzo giorno, risuscitasti quelli che ti riconobbero Dio.
Si allietino i cieli, esulti la terra, poiché il Signore

con la sua morte schiacciò la morte;
Lode alla Madre di Dio, mediatrice di salvezza per la nostra stirpe:
noi inneggiamo a te, vergine Madre di Dio;
poiché in quella carne che aveva preso da te, il Figlio tuo e Dio nostro,
accettando di patire in Croce, ci riscattò dalla perdizione

nel suo amore per gli uomini. (Preghiera Ortodossa)