Il racconto di don Branda

Era l'anno scolastico 1885‑1886. lo mi trovavo a Barcellona come direttore della casa detta Talleres Salesianos, aperta il 1 ° marzo 1884.

In quell'anno, cioè nel 1885‑86 (Don Branda aveva 44 anni'), a causa del grande ampliamento dei laboratori e delle scuole, che contenevano 60 allievi interni e 300 esterni che frequentavano le scuole diurne e serali, scarseggiava il personale dirigente e sorvegliante. Domandai altro personale all'Oratorio di Torino, ma mi venne inviato scarso e insufficiente al bisogno. Allora pensai di fare di necessità virtù, occupando nell'insegnamento e nell'assistenza quei soggetti che giudicavo più idonei (alcuni non erano Salesiani').

Passarono i mesi di novembre, dicembre e gennaio con soddisfazione generale, senza aver conoscenza di disordini di qualche importanza.

Nella notte del 28, o 29 di quel mese (gennaio 1886) mentre stavo a letto addormentato, mi svegliò una voce sonora, del timbro che mi parve del nostro caro padre Don Bosco. La voce mi disse: «Don Branda! », con quel tono con cui era solito chiamarmi quando ero con lui a Torino. A quella chiamata mi svegliai, ma non apersi gli occhi... dicendo tra me e me: «Ho bisogno di dormire e non di sognare. Don Bosco è a Torino».

Passarono otto giorni, senza che io mi ricordassi né della chiamata né di Don Bosco né di altro. Nella notte tra il 5 e il 6 febbraio, mentre dormivo nello stesso luogo, mi venne fatta la stessa chiamata con voce distinta e sonora come la prima volta: «Don Branda! ». Mi destai. La stessa voce subito soggiunse: «Adesso non dormi, alzati». Obbediente al mio venerato superiore Don Bosco, mi alzai, e senza riflettere quale ora fosse, vidi la mia alcova (= le tendine bianche che circondavano il suo letto) illuminata come al mattino all'aurora. (...) Mi vestii. Indossai la veste nera e il collare bianco, presi la berretta in mano, tirai la tendina... e m'in­contrai alla distanza di un metro con Don Bosco. Lo salutai e lo riverii, e non dubito di avergli baciato la mano secondo il mio so­lito. il soprabito. Mi rivolse la parola e mi disse: «La tua casa va abbastanza bene, sono soddisfatto di quanto stai fa­cendo, ma...». Allora si rivolse alla sua destra, e ho visto un prete salesiano alquanto malinconico. Don Bosco mi disse che conveni­va ispirargli maggior prudenza e ritiratezza. Più in là, in mezzo alla camera, vedo un maestro (N.A.) da Torino, non professo (cioè non salesiano, v. foglio 978), ...lo sguardo fisso al suolo, e alquanto distanti due giovani (N.P. e N.G.)... Indicandomi il maestro e i due giovani, Don Bosco soggiunse: « Questi, ingannati dal demonio, cercano di mandare in fuoco e in rovina la casa che è opera del Signore. (...) E tutti e tre propagano il mal parlare. Provvedi energicamente e allontanali quanto prima senza compassione!». Pronunciando queste parole, il suo volto si mostrava infiammato e corrucciato. (La testimonianza di don Branda segue raccontando che Don Bosco lo guidò a visitare la casa senza dire una parola). Ritornammo nella mia camera, e io sempre lo seguii e trovai la mia camera illuminata come prima, ma non c'era più nessuno.

Don Bosco mi salutò nella stessa maniera con cui mi salutava quand'ero a Torino all'Oratorio, e più non lo vidi. Mi trovai nelle tenebre, nell'oscurità della notte. Passai alcuni momenti senza darmi ragione di quanto era successo. Poi mi accorsi d'essere vicino allo scrittoio. Tirai il cassetto, entro cui tenevo i fiammiferi, e accesi il mio lume. Guardai l'ora: erano le due e mezzo dopo mezzanotte. Mi sedetti un poco a pensare e meditare su quello che era avvenuto, più infastidito dell'incarico datomi che non rallegrato della visita di Don Bosco. Presi il mio breviario e mi misi a recitarlo con non pochi sforzi per dargli la giusta attenzione. Dopo feci meditazione, e andai in cappella aspettando che suonasse la levata.

Nei giorni seguenti ebbi troppo da fare... senza compiere l'incarico ricevuto. Quantunque non avessi dubbi sull'apparizione di Don Bosco, non mi sentivo di dare esecuzione a quell'ordine, per timore di fare un passo falso (...). Ho però raddoppiato i mezzi di vigilanza, e lo stesso raccomandai ai miei subalterni... Io continuavo a celebrare la santa Messa e ad attendere alle mie ordinarie occupazioni; ma non potei celebrare ancora Messa che per tre giorni, che i rimorsi alla fine si mutarono in minacce così chiare e distinte alla mia coscienza da causarmi un vero tremito nella celebrazione della Messa, sentendomi una voce molto chiara e distinta, che non avrei più celebrato se non mettevo mano all'esecuzione degli ordini ricevuti. Finita quella Messa e fatto il ringraziamento, non meno agitato di quanto lo fossi durante la celebrazione, mi recai nella mia stanza e feci chiamare il sacerdote don Antonio Aime (questo prete salesiano aveva soltanto 25 anni, ed era stato ordinato prete l'anno prima. Sarebbe diventato un apostolo tra i lebbrosi della Colombia), prefetto della casa (seconda autorità dopo il direttore)... e lo incaricai di interrogare i due giovani.

Don Aime eseguì i miei ordini e tornò da me tutto spaventato e in lacrime, riferendomi le cose identiche raccontatemi da Don Bosco (senza che io gli avessi parlato dell'apparizione di Don Bosco). Avuta questa prova... feci chiamare il maestro, il quale casualmente prese il posto e l'atteggiamento che aveva mentre era presente Don Bosco. Fissandolo in faccia, non dubitai più di quanto avevo saputo, e gli rivolsi le parole: «Questo non me l'aspettavo da te...». Egli non chiese ulteriori spiegazioni, ma cadde in ginocchio e mi disse: «Glie l'ha scritto Don Bosco?». Fece questa domanda perché nell'Oratorio si sapeva che Don Bosco non di rado anche da lontano scriveva ai superiori di case salesiane quello che in esse avveniva anche di cose occulte. Risposi: «Non me l'ha scritto, ma me lo disse qui, dove sei tu». Allora si mise a supplicare il perdono (...).

Da quel momento studiai il modo più prudente per evitare il disonore di tutti... Dopo pochi giorni, i giovani furono riconsegnati alle famiglie, e il maestro allontanato (...).

Devo anche notare che in quel frattempo ricevetti una lettera di don Rua... In essa mi parlava di varie cose, e poi mise un poscritto che mi richiamò molto l'attenzione. Mi diceva: «Ieri, passeggiando con Don Bosco sotto i portici dell'Oratorio, ci raccontò di una visita che ti fece a Barcellona. Tu forse dormivi in quel momento». Al leggere queste righe mi stupii e impazientii per l'ironia se io dormivo in quel momento, e se avevo agito con fondamento e con effetto. Subito allora chiamai vari dei miei confratelli, e loro diedi a leggere la lettera, che li confermò ancor più nell'apparizione di Don Bosco, che io avevo loro raccontato (...).

Così ho deposto secondo verità, e così approvo, ratifico e giuro io Giovanni Branda sacerdote, testimone.