O Cristo o niente!

Italo Alighiero Chiusano

Voglio essere franco. Non m’interessa un Dio “qualunque”,onnipotente e assoluto, fin che vuoi. Meno ancora un Gesù che sia soltanto un profeta (non importa se maggiore o minore) finito malamente. Il mio motto è: “Aut Christus aut nihil”.È quello il cuore, il Dio figlio di Dio, quello è il centro, il sole che m’illumina, la notte che tutto avvolge e rinfresca, la linfa, il sangue che scorre a dar vita, senso, sapore, allegria ­ sì, miseriaccia, allegria! ­a un cosmo che senza di lui sarebbe un incomprensibile ammasso di meraviglie sospese nel nulla.Via Crucis: il Cireneo Signore, ieri mi hai messo in gran difficoltà. E io me la sono presa. Tu mi conosci: il mio temperamento è amaro. Mi avevi caricato sulle spalle un dolore grande, quasi impossibile da portare. Io ti avevo chiesto, non di liberarmene, ma di aiutarmi a portarlo. Di portarlo anche tu con me. Di farmi sentire il vento della tua presenza, l’eco della tua voce. Ma non mi hai accontentato. Mi hai lasciato tutto solo, senza il minimo conforto. E con quel peso sulle spalle. Ma oggi mi è venuto in mano questo librettino di vecchie devozioni [...]. L’ho aperto a caso [...]. “La quinta Stazione. Gesù aiutato dal Cireneo a portare la Croce” [...]. La scena mi ha dato un pugno in mezzo al cuore. Credo di aver capito [...]. Adesso vedo questo rozzo Gesù, questo comico Cireneo della litografia popolare, e capisco che, da quando Cristo è sceso sulla terra, il suo stile è proprio cambiato. Tu continui ad essere l’Onnipotente, l’Altissimo, il Padrone di tutto e di tutti: ma preferisci che non ne teniamo troppo conto. Ribaltatore, paradossale e rivoluzionario come nessuno di noi potrà mai esserlo, tu ora vuoi che si sia noi, gli impotenti, i nullatenenti, gli ignoranti, ad aiutare te [...]. Sei un umorista, Signore? O il più grande degli psicologi? Vuoi farci sentire qualche cosa, noi che non siamo nulla? [...]. Il fatto però è innegabile. Dopo Gesù e con Gesù, Dio si è fatto bambino, nano, fuorilegge, pietra di scandalo, rifiuto della società, condannato a morte, cadavere. E tutto questo davanti agli occhi di tutti. La trasfigurazione, invece, la risurrezione, l’ascensione sono spettacolo riservato a pochi, a pochissimi, nella dimensione dell’umiltà e della fede. Potresti, con una parola, chiamare a tua difesa dodici legioni di angeli. Ma non lo fai, e ti lasci ridurre come il più misero, il più torturato e sputacchiato degli uomini. Hai creato dal nulla l’universo. Ma poi non metti insieme tanta forza da sostenere sulle spalle una trave di legno. Bisogna costringere uno di noi, che è lì di passaggio, a fare quel lavoro per te. Il tuo potere, ormai, è l’impotenza, il tuo trionfo la sconfitta, il tuo dominio su di noi è chiedere la nostra collaborazione. Reciti, Signore? Che commedia è questa? Un po’ mi scandalizzo, un po’ resto ammirato. Ma l’ammirazione è quella che rimane. Perché so, so con certezza, che non sei un Dio debole, un Dio sconfitto. Ma vuoi sembrarlo per amor nostro. Non te ne importa di fare brutte figure, purché noi si entri nel tuo gioco, ci si unisca a te, si capisca che cos’è che tu vuoi per il nostro bene. Non gloriarti, Cireneo [...]. Non crederti più forte di quell’uomo esausto al quale hanno tolto la croce per passarla a te. In quell’apparente debolezza c’è più forza che in tutto l’Impero romano, che in tutti gli imperi di tutti i tempi. È la forza di un amore che le pensa tutte, pur di arrivare fino alla nostra anima; la fierezza di un amore che vuole darti la salvezza senza umiliarti, anzi facendoti credere di avere realmente bisogno di te; il mistero di un amore che non ha mai avuto disgusto di questa creatura umana, che così spesso fa disgusto a se stessa [...]. E il Cireneo, portando quello strumento di martirio, non sa di portare insieme la propria corona di luce.