I CODICI DELLA BIBBIA

 

IL TESTO GRECO DEL NT

Del testo greco del NT possediamo oltre 2.500 manoscritti. Di questi, ai fini della critica testuale, sono importanti soprattutto i ca. 250 manoscritti maiuscoli detti anche unciali, scritti cioè in caratteri maiuscoli alti circa un'oncia, e i circa 90 (ma il loro numero è in aumento) papiri. Le sigle usate sono: P con un numero in esponente, per i papiri; una lettera dell'alfabeto latino, o greco o ebraico, o un numero preceduto da zero (es. 047 ecc.), per i codici maiuscoli; un numero (es. 13, 69, 124, ecc.) per i codici minuscoli, scritti cioè in calligrafia corrente; la lettera “l” con un numero in esponente per i lezionari. I codici maiuscoli vanno dal sec. III al sec. XI; i minuscoli vanno dal sec. IX fino alla scoperta della stampa.

 

CODICI MAIUSCOLI PIÙ IMPORTANTI

B=03: codice Vaticano, conservato nella Biblioteca Vaticana, da cui il nome. Contiene 1'AT (versione dei LXX) e NT (con lacune); è del sec. IV.

S=01: codice Sinaitico, scoperto nel monastero di S. Caterina sul Sinai da Costantino von Tischendorf, oggi al British Museum di Londra. È designato anche con la lettera ebraica alef; contiene AT e NT; è del sec. IV.

A=02: codice Alessandrino, conservato al British Museum. Contiene AT e NT; è del sec. V.

C=04: codice palinsesto, detto «di Efrem riscritto» perché nel sec. XII vi furono riscritte, dopo raschiatura, opere di S. Efrem in greco. È conservato alla Biblioteca Nazionale di ‑Parigi; contiene AT e NT (con lacune); è del sec. V.

D=05: codice di Beza, che lo donò nel 1581 alla biblioteca dell'Università di Cambridge, per cui è chiamato anche Cantabrigensis. Contiene Vangeli e Atti degli Apostoli: in greco nella pagina destra e nella versione latina in quella sinistra. È del sec. V.

D=06 (siglato anche DP); il codice detto Claromontano, perché per lungo tempo rimase nel monastero del Clermont; attualmente è nella Biblioteca Nazionale di Parigi. Contiene le lettere di S. Paolo, sia in greco che in latino. È del sec. V.

W=032: codice di Washington, ivi conservato. Contiene i Vangeli, nell'ordine preferito dagli antichi in Occidente: Mt, Gv, Lc, Mc. È del sec. VI,

 

038: codice di Koridethi, proveniente dal monastero omonimo sul Mar Nero e conservato a Tiflis, capitale della Georgia. Contiene i Vangeli (con lacune). È del sec. VIII.

 

PAPIRI PIÙ IMPORTANTI

P52: è il più antico manoscritto conosciuto del NT. Scoperto in Egitto, risale alla prima metà del II sec. e contiene Gv 18,31‑33.37‑38; appartiene alla John Ryland's Library» di Manchester. Esso prova che il quarto vangelo, benché scritto in Asia, era già conosciuto nella valle del Nilo verso l’anno 120‑130, e quindi non poté essere composto più tardi della fine del I sec.

P45, P46, P47: chiamati «papiri di Chester Beatty» perché acquistati in Egitto dall'inglese A. Chester Beatty negli anni 1930‑1931. P46 si compone di 86 fogli e riporta le lettere di S. Paolo, nell'ordine: Rm, Eb, 1‑2 Cor, Ef, Gal, Fil, Col, 1 Ts (2 Ts seguiva probabilmente nei fogli oggi perduti). P47, in 10 fogli, contiene Ap 9,10‑17,2. I tre papiri sono assai importanti per la loro antichità (prima metà del III sec.) e per l'ampiezza dei testi in essi contenuti.

P66: Papiro «Bodmer II», conservato alla Biblioteca Bodmeriana di Cologny (Svizzera). Scritto intorno al 200, comprende quasi per intero Gv 1‑14 e frammenti dei capitoli seguenti.

P75: Papiro «Bodmer XIV‑XV». Scritto all'inizio del III sec., contiene gran parte di Lc e dei primi 15 capitoli di Gv.

P72: Papiro «Bodmer VII‑VIII». Scritto nel III‑IV sec., contiene il testo più antico finora ritrovato della lettera di Giuda e delle due lettere di Pietro.

 

VERSIONI LATINE ANTICHE

La storia del testo del NT è interessata soprattutto alle due versioni latine: la Vetus Latina detta anche Itala, e la Volgata.

Sin dalla fine del I sec. la Chiesa avvertì il bisogno di una versione latina per il popolo che poco o nulla capiva di greco, particolarmente nell'Italia settentrionale, in Africa, nella Gallia e in Spagna, più lontane dai centri di irradiazione ellenica. Già gli Acta dei martiri di Scillium in Africa, verso il 180, attestano che uno di questi uomini del popolo (che certamente ignorava il greco) aveva con sé «í libri usati tra noi e le lettere di S. Paolo». Tertulliano, ca. nel 200, allude nei suoi scritti a traduzioni o «interpretazioni» della Bibbia; ancora in Africa, S. Cipriano cita sempre nello stesso modo la Bibbia in latino: evidentemente trascrive da una traduzione già determinata ed in uso. Lo stesso accade in Novaziano a Roma; ma la versione latina da lui supposta è diversa da quella utilizzata da S. Cipriano. Esistevano dunque, nel III sec., almeno due versioni latine, una a Roma e un’altra in Africa? Il problema se ci fossero più traduzioni indipendenti, oppure una recensione italiana (Roma) della traduzione diffusa in Africa, resta tuttora aperto. Pertanto si preferisce usare per l'antica Bibbia in latino l'espressione Vetus latina, cioè l'antica latina. I Benedettini di Beuron ne stanno curando l'edizione critica," sulla base delle citazioni dei Padri latini e di un ristretto numero di codici, spesso parziali e frammentari.

La versione latina Volgata, cioè «divulgata, diffusa» tra il popolo, fatta da S. Girolamo alla fine del sec. IV, si basa per l'AT (libri protocanonici) sul testo ebraico. Per il NT, «Girolamo si limitò a rivedere l'antica versione latina sulla base di alcuni codici greci. Per vari secoli vl e vg lottarono tra loro, finché a partire dal sec. VIII la vg non ebbe il sopravvento. Per lunghi secoli la storia del testo della vg fu intimamente connesso con la storia della teologia, della liturgia e della spiritualità della Chiesa latina. Nel 1546 il Concilio di Trento dichiarò essa «autentica», cioè da usarsi come testo normativo di riferimento a preferenza di altre versioni latine, senza escludere per questo il ricorso ai testi originali. Nel 1592 ne fu pubblicata un'edizione ufficiale (Sisto‑Clementina), che però non voleva essere un'edizione critica». Successivamente furono stampate edizioni critiche.

 

BREVE STORIA DEL TESTO GRECO DEL NT

Dal confronto dei testimoni diretti del testo greco del NT (codici e papiri), delle antiche versioni specialmente latine e delle citazioni dei Padri, risulta un numero notevole di varianti, anche prescindendo da quelle attribuibili con certezza a errori scribali e quindi facilmente eliminabili. Sono queste varianti «consapevoli», l'oggetto di interesse per chi si prefigge di ricostruire la storia del testo greco del NT. Ebbene, coordinando le diverse tendenze dei manoscritti, in maniera sistematica e componendo i singoli testimoni di tali tendenze, la critica odierna è giunta a individuare ‑ in linea di massima ‑ quattro tipi di testo:

 

a. Testo alessandrino

Si tratta di un tipo di testo che si va formando in Egitto (papiri e codici di questo tipo provengono dall'Egitto). È rappresentato da manoscritti antichi, in genere molto buoni: i maiuscoli B ed S; i papiri P75; il maiuscolo A (fuori dei Vangeli); il palinsesto C; i minuscoli 33, 892, 1241. Dovrebbe essere il più vicino al testo originale. Rifugge dalle armonizzazioni e in genere da ogni ampliamento del testo (scelta costante del «textus brevior» ).

 

b. Testo occidentale

È anch'esso molto antico. Viene chiamato «occidentale» perché testimoniato specialmente nella Chiesa occidentale, ed è rappresentato dal codice unciale D, dalle antiche versioni latine e siríache, da scrittori e Padri come Marcione, S. Giustino, Taziano e S. Ireneo. Rispetto al testo «alessandrino», quello «occidentale» ha tendenza all'armonizzazione e alle parafrasi, contiene aggiunte riguardanti eventi meravigliosi, come pure significative omissioni.

 

c. Testo cesariense

È chiamato così perché si è visto l'affinità fra questo tipo di testo e quello usato da Origene ed Eusebio, il che fa pensare alla Chiesa di Cesarea nel sec. III, come patria di origine. È rappresentato da due gruppi di codici minuscoli (13, 69, 124, 346, e 1, 118, 131, 209) e dai maiuscoli W e Θ. In realtà il testo «cesariense» è molto vicino a quello «alessandrino», salvo una maggiore accuratezza nelle forme linguistiche e l'infiltrazione di alcuni elementi del testo «occidentale».

 

d. Testo bizantino

La quasi totalità dei manoscritti greci del NT, a partire dal sec. VII‑VIII, presenta un tipo di testo assai uniforme, con varianti interne di non grande rilievo e con notevoli differenze rispetto al testo di altri codici più antichi. È chiamato «bizantino» perché usato dal Medioevo fino ad oggi nella chiesa orientale. II processo recensionale di tipo «bizantino» sembra avere i suoi inizi già nel sec. v col codice unciale A (per i Vangeli) e nelle citazioni di S. Giovanni Crisostomo, Teodoreto di Ciro e S. Cirillo Alessandrino. Le tendenze di questo testo sono: forma linguistica più elegante; maggiore chiarezza del testo, ottenuta mediante cambiamenti di vocaboli; armonizzazione dei passi paralleli dei vangeli, spinta sino all'uguaglianza; conflazione, ovvero fusione di due a più lezioni varianti in un medesimo versetto.

 

CENNI DI CRITICA TESTUALE

Ora possiamo comprendere il significato e il valore della critica testuale, che soltanto una superficiale incompetenza può relegare tra le scienze di nessun valore per la teologia e per la fede. Essa invece è autorevolmente imposta anche ai credenti.`

Il lettore comune dispone oggi, pur in una traduzione moderna, del testo biblico ricostruito dal lavoro paziente degli scienziati della critica testuale. Ciò che abbiamo precedentemente descritto sulla storia del testo ebraico dell'AT e del testo greco del NT è il risultato del primo lavoro di critica testuale, che consiste nel confrontare tra loro i testimoni del testo oggi a disposizione, classificarli e ricostruire così le vicende della trasmissione e trascrizione del testo biblico. A questo punto inizia il seconda lavoro, quello cioè di ricostruire un testo il più possibile vicino a quello originale andato perduto, partendo dagli attuali testimoni del testo debitamente valutati e classificati. Una scienza dunque a servizio della fede, per chi crede nella Bibbia come Parola di Dio ed è interessato alla ricostruzione del testo originale ispirato da Dio.

Anche per coloro che non siano in grado di compiere, o verificare, una critica testuale, non è superfluo conoscere in breve gli strumenti di lavoro di questa scienza.

Pio XII nell'Enciclica Divino Afflante Spiritu del 1943, riguardo alla critica testuale affermava: «Oggi però questa tecnica, chiamata “critica testuale” e che viene applicata con grande lode e frutto nel pubblicare libri profani, si esercita a pieno diritto anche sui libri sacri per la stessa riverenza dovuta alla parola divina. Essa infatti per sua natura ripristina per quanto è possibile, il testo sacro in modo perfettissimo, lo purifica dagli errori introdotti dalla debolezza degli amanuensi e lo libera secondo la propria possibilità dalle glosse e dalle lacune, dalle inversioni di termini e dalle ripetizioni e da tutti gli altri generi di errori che di solito si insinuano negli scritti tramandati per molti secoli [...]. E non è nemmeno il caso di ricordare a questo punto [...] quanto la Chiesa abbia tenuto in considerazione questi studi di tecnica critica dai primi secoli fino alla nostra èra. E tutti sappiamo bene che questo lungo lavoro non solo è necessario per comprendere rettamente gli scritti dati dall'ispirazione divina, ma è postulato anche e fortemente da quella pietà divina con la quale .per la sua somma provvidenza Dio ha inviato questi libri come una lettera paterna dalla sede della sua divina maestà ai suoi figli».

 

a. Alcun regole di critica testuale

Non vanno prese come norme rigide, ma come indicazioni generali di metodo. Ecco le principali:

- E’ da considerarsi genuina quella lezione variante, a partire dalla quale si può spiegare l'origine delle altre.

‑ Una lezione più difficile è da preferirsi a una più facile: infatti il copista è propenso a facilitare un testo difficile, piuttosto che a rendere difficile un testo più facile.

‑ Una lezione più breve è generalmente da preferirsi a una più lunga: infatti nel trascrivere si è tentati di aggiungere un'osservazione esplicita a un testo difficile.

‑ Una lezione difforme da un passo parallelo è da preferirsi a una conforme.

 

b. Due esempi concreti

Offriamo due esempi di impiego della critica testuale, con un evidente riflesso di questa per l'esegesi del testo biblico.

 

Dall'AT

Il TM di Is 21,8 suona così: «Allora un leone ('arjeh) dice: Di sentinella, Signore, io sto tutto il giorno». La cosa è molto strana. G. Luzzi, per esempio, cercava di dare un senso alla frase traducendo: «E (la sentinella) gridò con voce di leone, ecc.»; G. Diodati traduceva: «E gridò come un leone, ecc.». Ebbene, nel rotolo di Isaia scoperto a Qumran (1Q 1s11) si legge invece: «Allora il veggente (haro'eh) gridò: ecc.», lezione che offre chiaramente un senso migliore e spiega l'origine della lezione del TM: un errore di trascrizione, cioè il semplice scambio di due lettere ebraiche (he con alef), ha fatto sì che «il veggente» (haro'eh) diventasse un leone» ('arjeh). La Bibbia della CEI, seguendo il testo di Qumran, traduce: «La vedetta (haro'eh = alla lettera: colui che guarda) ha gridato, ecc.».

 

Dal NT 

Nell'episodio di Marta e Maria (Lc 10,38‑42), al v. 42, le lezioni divergono notevolmente

‑ P45, P47, A, K, molti codici minuscoli, la vg, ecc. hanno: “Ma una sola è la cosa di cui c'è bisogno” (v. traduzione CEI);

‑ D, vl e altri sopprimono la frase;

‑ 38, alcune versioni copte, la versione armena e georgiana, nonché Origene, la sostituiscono con: «Ma di poche cose c’è bisogno» (in riferimento al v. 41 e concernente la cena: si tratta di un'interpretazione di tipo ascetico );

‑ P3, B, S corretto e altri, uniscono le due formule: «Ma di poche cose c'è bisogno, anzi di una sola» (il che appare come un compromesso).

La prima lezione: «Ma una sola è la cosa di cui c'è bisogno sembra preferibile, perché spiega l'origine delle altre e ha il vantaggio di dare all'episodio di Marta e Maria il suo epilogo profondo: la parola di Gesù passa innanzí ad ogni preoccupazione di ordine materiale (cfr. Lc 12,31 e At 6,2).

 

LE EDIZIONI CRITICHE DEL TESTO DELLA BIBBIA

Le ricerche sulla storia del testo biblico e le scelte testuali che vengano fatte dai critici trovano espressione nelle edizioni critiche, le quali non pubblicano soltanto il testo ricostruito sulla base del materiale documentario dei vari testimoni e riconosciuto dal critico come il più vicino all'origine, ma riportano anche, in fondo pagina, un apparato critico nel quale vengono riferite le varianti principali dei Papiri, dei codici unciali e minuscoli, delle antiche versioni.

Indichiamo qui le edizioni critiche più note e molto in uso nelle scuole di Teologia.

 

Per l'AT

‑ R. Kittel ‑ P. Kahle, Biblia Hebraica, Stuttgart 1951. Ha due apparati critici: nel primo sono indicate le testimonianze dei codici e delle versioni; nel secondo le lezioni da correggere, o sulla base dei testimoni o per congettura.

‑ K. Elliger ‑ W. Rudolph, Biblia Hebraica Stuttgartensia, Stuttgart 1967-1977. Il testo è rimasto quello del Kittel‑Kahle, ma l'apparato critico è ridotto a uno solo e completamente rinnovato.

 

Per il NT:

‑ J.M. Bover, Madrid 1959: recensisce solo le varianti per le quali esiste una diversità tra le edizioni critiche moderne.

‑ ,J.M. Bover ‑ J. O'Callaghan, Nuovo Testamento Trilingue (graece, latine, hispanice), BAC, Madrid 1977: riproduce le lezioni varianti dell'apparato critico in fondo pagina anche nella versione castigliana: una novità interessante per i lettori che in genere non dispongono di un

apparato critico nelle versioni del NT in lingue moderne; va anche lodata l'Introduzione, che è un piccolo trattato di critica testuale.

‑ E. Nestle ‑ K. Aland, Stuttgart 1979 dà le varianti principali, tenendo conto soprattutto degli unciali più importanti e delle versioni più antiche.

‑ A. Merk, PIB‑Roma 1964 (a cura di C.M. Martini): dà un testo critico e le varianti principali, recensendo oltre agli unciali maggiori e alle versioni più importanti anche i principali codici minuscoli. In appendice al volume vengono riportae le lezioni varianti dei papiri, scoperti di recente.

‑ K. Aland M. Black ‑ C.M. Martini ‑ B.M. Mezger ‑ A. Wikgren, The Greek New Testament, Stuttgart 1969: riporta un testo che è frutto della discussione del comitato, e alcune varianti più importanti per il senso, con un'attestazione il più possibile completa. È in preparazione una nuova edizione.

‑ G. Nolli, Novum Testamentum Graece et Latine (Textus Graecus, cum apparatu critico‑exegetico, Vulgata Clementina et Neovulgata), Editrice Vaticana, Città del Vaticano 1981.